Amnesty international denuncia l’attività dei droni americani “liberi di uccidere”

Amnesty International ha pubblicato, martedì, un rapporto contro gli Stati Uniti accusati di crimini di guerra nell’ambito delle sue operazioni militari , condotte con l’ausilio dei droni, nel nord-ovest del Pakistan.
I droni americani violano i diritti umani elementari. E’ questa in sostanza la conclusione di un nuovo rapporto di Amnesty International, pubblicato martedì 22 ottobre, che punta il dito contro i colpi dell’aviazione militare americana in Pakistan.
Secondo l’ONG, dal 2004, tra le 2000 e le 4 700 persone, di cui molti sono civili, sono stati uccisi dall’attività di oltre 300 droni americani nelle zone tribali del nord-ovest pachistano, dove risiedono diversi gruppi legati direttamente ad Al Qaeda. Precisamente Amnesty ha analizzato la totalità dei quarantacinque attacchi di droni che, secondo le loro informazioni, hanno colpito questa regione del Pakistan, tra gennaio 2012 e l’agosto del 2013. L’ONG ha assemblato informazioni sui deceduti.
Mentre le fonti ufficiali affermano che le persone uccise erano dei “terroristi”, Amnesty International è arrivata alla conclusione che le vittime non erano implicate negli scontri e non rappresentavano un pericolo per nessuno. L’organizzazione fornisce come esempio in tal senso la morte di Mamana Bibi, una donna di 68 anni, uccisa in un villaggio del distretto tribale di Waziristan del Nord, il 2 ottobre.
“Non troviamo nulla che giustifichi questi omicidi”, ha dichiarato Mustafa Qadri, ricercatore di Amnesty International sul Pakistan. “Nella sua inchiesta, Amnesty International non ha trovato nessuna prova d’installazioni militari o di gruppi armati, di nascondigli o di soldati”, recita il rapporto. Parole che suggeriscono un “fallimento catastrofico” delle autorità americane, che probabilmente hanno giudicato come combattente Manama Bibi.
Per Amnesty, questi attacchi potrebbero essere associati ai crimini di guerra o a delle esecuzioni extragiudiziarie. L’ONG infatti, reclama che i responsabili di queste innocenti vittime vengano giustamente processati e posti sotto analisi giudiziaria. Nel suo rapporto di una sessantina di pagine, Amnesty International ha esortato gli Stati Uniti a rendere di pubblico dominio le informazioni su questi tiri.
“Il segreto che circonda il programma dei droni fornisce al governo Americano un diritto di uccidere superiore ai tribunali e alle norme fondamentali del diritto internazionale”, sostiene Mustafa Qadri. Amnesty inoltre critica apertamente “l’ambiguità” del Pakistan che considera ufficialmente questi colpi come violazione della sovranità.
Fino ad oggi, la campagna di droni è stata presentata come gestita unicamente dalla CIA (Central Intelligence Agency), incaricata per inchiesta sullo spionaggio fuori dai confini e dalle frontiere americane. Secondo i documenti consultati dal “Wasghinton Post”, l’agenzia americana incaricata della sorveglianza numerica, la controversa NSA (National Security Agency) nel cuore dello scandalo “datagate”, è anch’essa implicata nel decifrare informazioni che mirano a localizzare agenti di Al Qaeda in Pakistan per bombardarli.
Manuel Giannantonio
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22 ottbore 2013