Siria: progressi sul disarmo chimico da parte dell’ONU
Le grandi potenze progrediscono verso una risoluzione delle Nazioni Unite sul disarmo chimico siriano, al momento gli esperti dell’ONU stanno tornando a Damasco. Sul territorio, la ribellione che si oppone al regime di Bashar al-Assad si è indebolita ulteriormente mentre i principali gruppi islamici rompono con l’opposizione politica e annunciano una nuova alleanza con un gruppo legato ad Al Qaeda.
I capi della diplomazia dei cinque membri permanenti del Coniglio di sicurezza dell’ONU (Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Russia e Cina) riuniti a New York hanno trovato un accordo sui “punti principali” di una risoluzione dell’ONU nell’ambito del disarmo chimico siriano, come indicato da un diplomatico. “Importanti progressi sono stati compiuti ma su alcuni punti persistono divergenze e dovremo continuare le negoziazioni”, ha specificato un altro diplomatico alla stampa.
Un diplomatico russo ha precisato che “le discussioni non erano terminate su alcuni punti essenziali”, senza fornire però ulteriore dettagli. “Facciamo dei progressi ma siamo lontani dall’obiettivo”, ha dichiarato un responsabile del dipartimento di Stato.
Occidentali e Russi si oppongono da giorni sui mezzi di applicazione del programma di eliminazione delle armi chimiche siriane annunciato il 14 settembre a Ginevra. Di fronte all’Assemblea generale dell’ONU a New York, il Presidente americano Barack Obama ha reclamato una risoluzione delle Nazioni Unite “ferma”, assortita di “conseguenze” per il regime di Damasco se non mantiene la promessa di distruggere le sue armi chimiche. Il testo sul tavolo menziona la possibilità di prendere ulteriori misure coercitive, se la Siria si esenta dall’impegno del disarmo.
Ciò non impedisce al Presidente siriano Bashar al-Assad di giudicare sempre possibile un intervento militare Americano nel suo paese. “La possibilità che gli Stati Uniti conducano un attacco contro la Siria è sempre reale. Sia con il pretesto delle armi chimiche, sia per altri pretesti”, ha assicurato Assad durante un intervento televisivo tramite la televisione pubblica venezuelana Telesur.
“Se diamo un’occhiata alle precedenti guerre, almeno a partire dalla prima metà degli anni cinquanta, vediamo che si tratta di una politica di aggressione. Questa politica non è cambiata e non vedo ora ragioni particolari per cui possa essere cambiata”, ha dichiarato il Presidente siriano. “Gli Stati Uniti non possono ricorrere al Consiglio di sicurezza come fecero negli anni novanta, c’è una situazione d’equilibrio da rispettare”, ha aggiunto Assad.
A Damasco, la squadra d’esperti diretta da Aake Sellstrom è arrivata con un convoglio composto di tre veicoli dell’ONU. Secondo Sellstrom, la sua squadra spera di presentare un rapporto finale sulle accuse “forse entro la fine di ottobre”.
Questa estate, aveva condotto un’indagine sull’attacco chimico del 21 agosto nei pressi di Damasco in cui morirono circa 1500 persone secondo i dati di Washington. Nel loro rapporto redatto il 16 settembre, è stato concluso che l’utilizzo del gas sarin su vasta scala è effettivamente avvenuto, senza però puntare il dito contro i colpevoli. Ma per Washington, Parigi e Londra, questo rapporto non lasciava nessun dubbio sulla “responsabilità estremamente chiara” del regime siriano. La Russia fedele alleata di Damasco, ha invece denunciato questo rapporto e reclamato il ritorno della missione in Siria per indagare su altri presunti attacchi di cui sono accusati i ribelli.
L’attacco del 21 agosto ha condotto Washington a minacciare Damasco di attacco militare, un’azione finalmente respinta dopo l’impegno della Siria circa lo smantellamento delle armi chimiche concluso attraverso l’accordo del 14 settembre tra la Russia e gli Stati Uniti
L’annuncio di 13 importanti gruppi ribelli islamisti che rompono con la Coalizione nazionale siriana (CNS) in esilio ha portato a un nuovo scenario. In un comunicato, i firmatari affermano che la Coalizione “non ci rappresenta e non la riconosciamo”, chiamando “tutti i gruppi civili e militari ad unirsi alla legge islamica”. “Ciò è estremamente dannoso per l’Esercito siriano libero (ASL), fino ad oggi principale coalizione legata all’opposizione in esilio, dato che i 13 gruppi “rappresentano una porzione significativa dell’opposizione armata e raggruppano i migliori combattenti”, secondo Charles Lister, un analista presso il Jane’s Terrorism and Insurgency Centre.
Questa rottura svantaggia ugualmente l’opposizione di fronte al regime in caso di negoziazioni di pace per regolare il conflitto in Siria, che ha provocato la morte di più di 110 000 persone in due anni e mezzo.
CRISI UMANITARIA NEI PAESI LIMITROFI
Nel corso della riunione nella sede dell’ONU, il segretario generale Ban Ki Moon e i ministri hanno colto l’occasione per ricordare: “L’importanza di raddoppiare gli sforzi per risolvere la crisi umanitaria in Siria e nei paesi vicini”, secondo il portavoce dell’ONU Martin Nesirky. Secondo i dati dell’ONU invece più di due milioni di siriani sono fuggiti nei paesi limitrofi e circa sei milioni di loro sono sfollati nel paese. Il Libano accoglie il più grande numero, dei responsabili libanesi evocano la presenza sul loro territorio di più di 1,2 milioni di siriani.
di Manuel Giannantonio
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26 settembre 2013