Israele-Hamas: stop a Gaza, il conflitto si sposta in Cisgiordania
Il conflitto tra Israele e Hamas continua tra alti e bassi e nonostante i continui colloqui il termine della guerra è evidentemente ancora lontano. Una breve pausa, concordata da entrambe le parti, ci sarà solo su Gaza per garantire le vaccinazioni contro l’epidemia di poliomielite che ha colpito la regione.
Stop per vaccini anti-polio
Rik Peeperkorn, funzionario dell’Organizzazione mondiale per la Sanità, ha dichiarato che ha partire dall’1 settembre, sia Israele che Hamas, interromperanno il conflitto per nove giorni e solo in determinati orari, per garantire le vaccinazioni contro la poliomielite che ha iniziato a mietere vittime nella Striscia. Lo stop previsto sarà garantito solo in tre zone della regione e dalle 6 del mattino alle ore 15 al fine di garantire le operazioni che vaccineranno circa 600.000 bambini. Il Ministero della Sanità di Gaza ha fatto sapere che più di un milione di dosi di vaccino sono giunte nella Striscia. Basem Nail dell’ufficio politico di Hamas ha dichiarato: «Siamo pronti a collaborare con le organizzazioni internazionali per garantire questa campagna».
L’allargamento del conflitto
Nota in campo anglosassone col nome di West Bank, la riva ovest del Giordano è rivendicata come territorio palestinese, tuttavia, da anni l’area è suddivisa in zone amministrative di diversa competenza. Mercoledì scorso Israele ha lanciato una vasta operazione antiterrorismo, mobilitando due battaglioni dell’Idf (Forze di difesa israeliane) su Tulkarem e Jenin. L’attacco, secondo le dichiarazioni di Israele, avrebbe permesso l’uccisione di cinque “terroristi” all’interno di una moschea. Hamas che accusa il colpo inasprisce i toni e dichiara di voler tornare ai suoi vecchi metodi d’attacco inneggiando ai kamikaze. Khaled Meshaal, rappresentante del gruppo islamista ha affermato in una conferenza stampa a Istanbul: «Vogliamo tornare alle operazioni suicide. Ripeto il mio appello a tutti a partecipare su più fronti alla vera resistenza contro l’entità sionista».
Al momento la dislocazione delle truppe israeliane, con alcuni battaglioni al confine con il Libano e altre forze dislocate in Cisgiordania, ha fatto intravedere una volontà di allargare il conflitto sul fronte nord-orientale, anche se non molti concordano su questa ipotetica scelta. Di certo il blitz di qualche giorno fa ha solo aggravato la situazione già molto tesa.
Ricordiamo che, nel frattempo, a Doha in Qatar si stanno portando avanti i negoziati per la fine della guerra.
La posizione dell’Italia
Sta facendo discutere la dichiarazione dell’Alto rappresentante per la Politica estera dell’UE Josep Borrell che nella mattinata di ieri ha detto di avere “avviato le procedure per chiedere agli Stati membri se considerano appropriato includere nella lista delle sanzioni alcuni ministri israeliani che lanciano messaggi d’odio inaccettabili contro i palestinesi e proposte che vanno chiaramente contro la legge internazionale e incitano a commettere crimini di guerra” ma non c’è stata unanimità da parte dei Ministri degli Esteri dei paesi UE. Lo stesso Antonio Tajani, lasciando intendere la posizione dell’Italia, ha dichiarato: «Dobbiamo cercare di risolvere i problemi, convincere Israele a fare delle scelte che portino a un cessate il fuoco a Gaza perché quella è la priorità vera. Non è con il riconoscimento teorico della Palestina e con le sanzioni ai ministri israeliani che si risolve il problema, non è questa la strada giusta per convincere Israele a concludere un accordo al Cairo con le altre parti».