Catalogna, il socialista Salvador Illa è il nuovo presidente. Si rompe il fronte indipendentista
Dopo quasi tre mesi di negoziazioni, l’accordo è arrivato. Salvador Illa, leader del PSC (Partito Socialista Catalano, gemello del PSOE spagnolo) è il nuovo presidente della Catalogna. I socialisti sono risultati vincitori nel corso delle ultime elezioni del 12 maggio con il 28% dei voti ma non sono riusciti a conquistare la maggioranza assoluta, obbligatorio quindi un accordo con gli altri partiti per il voto di fiducia. I negoziati si sono protratti per oltre tre mesi e la settimana scorsa è stato raggiunto un accordo tra il PSC, Esquerra Republicana (ERC) e Comuns Sumar (gemello di Sumar, guidato da Yolanda Diaz). Per la prima volta dal 2010, la Catalogna torna ad eleggere un presidente anti-indipendentista, un cambio di rotta storico rispetto ai governi degli ultimi anni che avevano portato alla richiesta di un referendum secessionista non riconosciuto nel 2017 in seguito al quale fu spiccato un mandato di arresto nei confronti del presidente dell’epoca Carles Puigdemont.
L’accordo raggiunto tra i tre partiti sopracitati si limita però al solo insediamento del governo e non costituisce una coalizione. Illa e i socialisti governeranno quindi un governo di minoranza, soggetto volta per volta e per ogni provvedimento alla mediazione con gli altri partiti e le forze di opposizione. ERC infatti è si un partito di sinistra ma è fortemente indipendentista e fino al 2022 era alleato di governo del partito di destra moderata Junts guidato da Carles Puigdemont. Dal 2010 infatti i due partiti indipendentisti, uno di sinistra e l’altro di destra, avevano deciso di portare avanti insieme le istanze secessioniste mettendo da parte le differenze ideologiche. Ciò portò al famoso referendum illegale del 1 ottobre 2017 che ha segnato profondamente il rapporto tra la Catalogna e lo stato spagnolo.
Per capire bene la questione, è necessario spiegarla su due piani: uno locale catalano e uno nazionale spagnolo. Sul piano locale l’alleanza tra ERC e Junts andò in pezzi nell’ottobre del 2022 poiché ERC già dal 2019 aveva iniziato sul piano nazionale un dialogo con il Partito Socialista del premier spagnolo Pedro Sanchez, il quale aveva bisogno dei voti di ERC per far partire il suo governo a Madrid. In cambio, Sanchez e i socialisti, insieme a Podemos guidato allora da Pablo Iglesias, si erano impegnati a redigere una legge di amnistia per i politici responsabili del referendum illegale del 2017, alcuni dei quali sono ancora agli arresti domiciliari o in fuga all’estero come Puigdemont. Questo accordo a livello nazionale tra Socialisti, Podemos, Baschi ed ERC includeva anche Junts di Puigdemont, tanto è vero che l’attuale governo spagnolo si regge ancora a tutt’oggi su questo accordo, senza il quale non avrebbe i numeri per governare. Sanchez ha poi mantenuto la sua parola facendo votare nei mesi scorsi l’amnistia promessa agli indipendentisti, anche se questa è stata impugnata dal Tribunale Supremo, ma questa è un’altra storia.
A livello locale però, Junts nel 2022 accusò ERC di scarso impegno per rendere la Catalogna un paese indipendente e gli tolse l’appoggio nel governo catalano costringendola a governare in minoranza fino al 2024. Una volta rottasi l’alleanza indipendentista a livello locale (ma non a livello nazionale dove entrambi sono tuttora alleati del governo Sanchez), Esquerra Republicana (ERC) si è avvicinata ai socialisti, i quali non sono indipendentisti ma con i quali possono vantare una comune matrice ideologica. L’accordo locale della settimana scorsa sposta quindi il fulcro del compromesso di governo dalla questione nazionalista e secessionista alla questione sociale.
In tutta questa vicenda vi è poi una precisa visione del premier Pedro Sanchez, il quale con l’amnistia a livello nazionale e l’accordo con ERC a livello locale, punta ad arrivare ad una riconciliazione nazionale tra lo stato spagnolo e la Catalogna. Infatti l’accordo tra Salvador Illa e Pere Aragones (leader di Esquerra) prevede anche l’autonomia fiscale, ovvero tutte le tasse raccolte in Catalogna rimarranno nella regione, invece di essere raccolte dallo stato spagnolo come prima.
Critico verso questo accordo è stato Carles Puigdemont, il quale si è presentato a Barcellona il giorno della votazione cercando, con la sua presenza, di bloccare il voto di fiducia al governo Illa. In che modo? Facendosi arrestare in quanto ancora ricercato sapendo che il suo eventuale arresto avrebbe portato al ritiro per protesta di tutti i deputati di Junts facendo mancare il numero legale all’assemblea. L’arresto non è avvenuto (tuttora egli non si sa dove sia) e quindi la votazione ha potuto procedere facendo finalmente partire il governo regionale catalano.