Siria: gli Stati Uniti temporeggiano dopo l’impasse dell’ONU
Mentre il mondo intero specula sull’eventualità dell’intervento militare in Siria, il Presidente americano Barack Obama ha affermato, mercoledì 28 agosto, che non ha ancora preso una decisione sulla reazione americana circa l’utilizzo di armi chimiche di cui è accusato il regime siriano:
“Ricevere un messaggio forte sul fatto che non dobbiamo ricominciare (…) il governo siriano ha commesso attacchi chimici e dunque è necessario che ci siano conseguenze internazionali. Non auguro un conflitto senza fine in Siria, ma mentre alcuni paesi violano le regole internazionali sulle armi come quelle chimiche noi dobbiamo rendercene conto. Se inviamo ora un colpo per dire basta, possiamo avere un impatto positivo sulla nostra sicurezza nazionale a lungo termine”.
Agli occhi di Obama, punire il governo di Assad “non risolverà tutti i problemi della Siria. Evidentemente, ciò non metterà fine alla morte di civili innocenti in Siria”.
“Speriamo che ci sarà una transizione alla fine dei conti in Siria, e noi siamo pronti a collaborare con tutto il mondo, i Russi e gli altri per cercare di trovare una nuova soluzione al conflitto. Noi vogliamo che il regime di Assad comprenda che ricorrendo alle armi chimiche su grande scala contro il suo popolo, contro le donne, i bambini e i neonati si violano le regole internazionali e i criteri di decenza, ma che si crea una situazione in cui gli interessi nazionali americani sono minacciati, questa cosa deve finire”.
Da questo week end mentre emergevano nuovi dettagli dell’attacco che avrebbe fatto centinaia di morti a Damasco il 21 agosto, gli Stati Uniti e diversi Stati occidentali, come la Gran Bretagna hanno considerevolmente alzato i toni contro Assad, al punto da rendere quasi inevitabile un intervento militare.
Alcuni raid sarebbero stati condotti da navi americane attualmente stazionate nel Mediterraneo dove dei caccia bombardieri operano fuori dallo spazio aereo siriano. Obama ormai temporeggia, vedendo che la situazione all’ONU non si evolve. Mercoledì, i membri permanenti del Consiglio di sicurezza non sono riusciti a pervenire ad un accordo sulla risoluzione britannica giustificando un’azione armata in Siria. Secondo il governo britannico, il testo dovrebbe autorizzare “tutte le misure necessarie in virtù del capitolo VII della carta dell’ONU per proteggere i civili contro le armi chimiche” in Siria.
Questo capitolo di misure coercitive potrebbe durare fino ad un’operazione militare. Secondo l’articolo 42 di questa carta, solo il Consiglio di sicurezza può teoricamente autorizzare il ricorso alla forza, sotto determinate condizioni. Questa decisione necessita dell’accordo di almeno nove dei quindici membri e l’assenza di veto dei suoi membri permanenti, che siano la Cina, gli Stati Uniti, la Russia, il Regno Unito o l’Italia.
La linea di frattura è la stessa dall’inizio del conflitto siriano nel 2011: Cina e Russia da una parte, Regno Unito, Francia e Stati Uniti dall’altra. Londra ha assicurato che nessun intervento avrà luogo finché l’uso di armi chimiche non sarà provato dall’inchiesta dell’ONU.
La stampa cinese invece ha lanciato un appello a una mobilitazione internazionale per impedire un intervento armato mentre il Ministro degli Esteri ha dichiarato che “solo una soluzione politica può risolvere la crisi siriana”.
di Manuel Giannantonio
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29 agosto 2013