Tunisia: migliaia di manifestanti reclamano le dimissioni del governo
L’espressione Primavera araba si riferisce alla Primavera dei popoli del 1848 alla quale è stata paragonata. Questi movimenti rivoluzionari nazionali sono anche qualificati come rivoluzione araba, rivolta araba e risveglio arabo. In quasi un anno e mezzo, i governi minacciati avrebbero impegnato oltre due milioni di soldati ai quali si devono aggiungere trentacinquemila mercenari. Il drammatico bilancio parla di quarantacinquemila morti tra tutti i paesi coinvolti, la maggior parte dei quali registrati in Libia, seguita dallo Yemen, la Siria, l’Egitto e la Tunisia e oltre centomila feriti. Questi eventi sono cominciati il 17 dicembre 2010 nella città di Sidi Bizoud con la rivoluzione tunisina che ha condotto Zine el-Abidine Ben Ali a lasciare il potere mentre altri popoli decidono di riprendere lo slogan “vattene !” o “Ehral (in arabo), diventando il simbolo di questa rivoluzione. Oltre all’uscita dei dittatori e l’instaurazione di una democrazia, i manifestanti esigono una condivisione delle ricchezze che assicurerebbe loro migliori condizioni di vita, lavoro e la dignità (karama in arabo). Mentre la rivoluzione egiziana provoca l’uscita di scena di Hosni Mubarak e una transizione democratica, gli altri non hanno le stesse conseguenze: in Libia si torna alla guerra civile tra le forze fedeli al vecchio regime della Jamahirya di Muammar Gheddafi e gli insorti, sostenuti da un intervento straniero sotto mandato dell’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite), nel Bahrein, la solidarietà controrivoluzionaria dei monarchici del Golfo fallisce di fronte al movimento di contestazione ma riprendono a partire del mese di luglio del 2011; nello Yemen, il dittatore Saleh che reprime la rivolta tra le esigenze dell’opposizione e il sostegno internazionale per una transizione di natura pacifica da le sue dimissioni il 27 febbraio, e in Siria, la repressione esercitata dal regime di Bachar al-Assad causa milioni di morti
La rivoluzione tunisina è una conseguenza delle manifestazioni insurrezionaliste in Tunisia avvenute nel dicembre del 2010 e nel mese di gennaio del 2012. Gli effetti della Primavera araba sono ancora evidenti. Dopo le rivolte di piazza Taksim e del Gezi Park in Turchia e dopo la rivolta di piazza Tharir in Egitto ecco che torna d’attualità anche la Tunisia.
Migliaia di manifestanti hanno sfilato ieri a Tunisi, nel primo giorno di una campagna prevista per una settimana organizzata dall’opposizione con l’obiettivo di provocare la caduta del governo dopo un mese di crisi politica. I manifestanti si sono riuniti per una marcia in direzione di una piazza di fronte all’Assemblea nazionale costituente dove, da più di un mese, è stato assassinato il deputato dell’opposizione Mohamed Brahmi, i manifestanti hanno creato un sit-in per ottenere le dimissioni del governo diretto dal partito islamico Ennahda.
“Il popolo vuole la caduta del regime”, “Vattene” e “Ghannouchi (il capo d’Ennadhda, ndr) assassino”, sono le parole che riecheggiavano dalla folla che continuava a urlare dopo l’inizio della manifestazione alle 18 ora locale. Sperano di riproporre, dopo dieci giorni, la loro grande manifestazione del 13 agosto, che ha riunito decine di migliaia di persone.
Questo evento segna l’inizio della “settimana della partenza” organizzata dal Fronte del saluto nazionale, una coalizione dell’opposizione, per ottenere le dimissioni del governo e la formazione di un quadro apolitico. Questi manifestanti agiscono dopo che la mediazione creata a metà agosto dal sindacato UGTT che non ha permesso di trovare un punto d’incontro tra Ennahda e l’opposizione, venerdì.
La crisi politica è stata scatenata il 25 luglio dall’assassinio, attribuito alla Jiahd, del deputato Brahmi, il decimo nel suo genere in sei mesi. Il precedente governo diretto da Ennahda è caduto dopo l’omicidio di un rappresentante dell’opposizione Chokr Belaid lo scorso febbraio.
di Manuel Giannantonio
(Twitter @ManuManuelg85)
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25 agosto 2013