Elezioni Ecuador-Guatemala: i risultati tra violenza e speranza

Le recenti vicende politiche in Guatemala e Ecuador riflettono, in uno scenario macchiato da crimini e violenza, l’ascesa di nuove prospettive progressiste e democratiche in gran parte del resto dell’America Latina, segnalando una voglia di cambiamento da parte della popolazione che non può passare di certo inosservata.
Speranza democratica progressista in Guatemala
La vittoria di Bernardo Arévalo in Guatemala è stata accolta positivamente dal panorama politico internazionale. Sociologo progressista e appartenente al Movimento Semilla – movimento nato con i moti sociali emersi nel 2016 in opposizione all’allora presidente Otto Peréz Molina, un ex militare accusato di genocidio e coinvolto in gravi casi di corruzione durante il suo mandato – Arévalo ha ottenuto una vittoria decisiva nel ballottaggio contro la candidata di destra Sandra Torres. La sua vittoria arriva a sorpresa, così come al primo turno, e nessuno si sarebbe aspettato che il sociologo del Movimento Semilla potesse passare dall’essere ultimo ai sondaggi, allo spareggio finale, vinto con il 58%. Il neo eletto presidente guatemalteco e il suo partito, nel corso della campagna elettorale, avevano subito intensi attacchi da parte dei principali media controllati dall’oligarchia del Guatemala. Tuttavia è la classe media -soprattutto la più giovane- ad essere a favore della lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata. Sta emergendo pian piano, dopo decenni di violenza, traffico di droga e criminalità organizzata, la voce di quella America Latina stanca ma onesta e lavoratrice. Dunque la vittoria del partito e del suo esponente Arévalo lasciano ben sperare per il Guatemala e sono in linea con le nuove ondate progressiste e democratiche che stanno interessando l’America Latina recentemente.
Ecuador tra affluenza storica alle urne e violenza estrema
Diverso lo scenario in Ecuador: dopo l’omicidio del candidato Villavicencio, le elezioni tornano a far parlare e si va al ballottaggio il 15 ottobre. Nonostante non avesse concrete possibilità di vittoria, il giornalista Fernando Villavicencio è sempre stato baluardo contro le più potenti epidemie dell’Ecuador: corruzione e criminalità organizzata. Inoltre, era, tra i candidati, il più vicino all’ultimo presidente.
Il ciclo elettorale, inoltre, ha subito svariati attacchi informatici provenienti da Russa, Ucraina, Pakistan, Indonesia e Cina alla piattaforma impiegata per registrare i voti degli ecuadoriani all’estero. Nonostante le sfide e le minacce, i continui episodi di violenza e terrore, il popolo ecuadoriano ha dimostrato una volontà straordinaria. L’intenzione di riaffermare il controllo sulla propria sicurezza e il vivido desiderio di riscattare le sorti del paese si sono manifestate sorprendentemente in un’affluenza storica alle urne, che ha superato l’82%.
L’Ecuador dovrà però aspettare il 15 ottobre per conoscere il nuovo presidente eletto. Mentre il paese si avvia verso il testa a testa finale, le scelte in campo riflettono la gamma di opzioni politiche del paese. Luisa Gonzàlez, unica donna in lizza, animalista e avvocatessa, contraria all’aborto anche nei casi di stupro e rappresentante di sinistra e vicina all’uscente presidente Correa, affronterà Daniel Noboa, figlio di uno dei più ricchi imprenditori dell’Ecuador. Nel programma elettorale della Gonzàlez, sono in primo piano lotta alla corruzione e al narcotraffico e l’avvio di una rete di prestiti alle famiglie ecuadoriane indebitate a causa degli squilibri economici. Per Noboa, candidato dell’Azione Democratica Nazionale, le priorità sono la sicurezza, che passa da un sistema di revisione delle carceri, e la creazione di nuovi posti di lavoro grazie ad un coinvolgimento attivo degli imprenditori ecuadoriani.
La decisione del popolo ecuadoriano influenzerà il corso del paese e la sua lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata.