Egitto, Siria e Iraq: un’estate bagnata dal sangue
Sabato 13 persone sono morte in Siria. Lo stesso giorno, un’ondata di attentati ha provocato la morte di 74 persone in Iraq. L’Egitto attualmente avvolto nell’impasse politico ha passato un’estate segnata dal sangue che non è ancora finita. Esiste solo un denominatore comune tra questi paesi: una violenza assassina.
Attentati, Guerra civile e manifestazioni che finiscono nella violenza. La Siria, l’Iraq e l’Egitto contano i loro morti tra migliaia di persone. Le situazioni, le cause dei conflitti e i bilanci non si assomigliano. Ma questi tre paesi del Medio Oriente hanno vissuto un ramadan bagnato dal sangue popolare. Nonostante sia sinonimo di festa, il ramadan quest’anno è stato molto pesante dal punto di vista delle perite umane che hanno caratterizzato gli ultimi mesi. Il bilancio è davvero spaventoso.
La situazione siriana è la più inquietante. L’opposizione tra i ribelli e l’esercito di Bachar al-Assad dura da più di due anni e mezzo. Dall’inizio del conflitto nel mese di marzo del 2011, più di 100 000 persone sono state uccise in Siria. L’insurrezione si è successivamente trasformata in guerra civile. Nessuna soluzione è stata ancora messa a punto in virtù delle divergenze instauratesi nella comunità internazionale. Eppure gli episodi di violenza sono quasi quotidiani. L’ultimo risale a sabato. Almeno tredici civili, tra i quali sette bambini, sono morti in un raid aereo dell’esercito siriano sulla città di Raqa, un settore controllato da un gruppo della Jihad.
L’Iraq ha vissuto un mese di ramadan altrettanto difficile. Il mese più sanguinoso dal 2008. Più di 800 persone sono state uccise. Sabato alcuni attacchi coordinati hanno ucciso più di 70 persone segnando in questa maniera tragica la fine del ramadan. Alcune violenze sono state rivendicate anche anche domenica dallo Stato islamico in Iraq mentre ieri un kamikaze si è fatto esplodere in un caffè bar nel nord di Bagdad uccidendo 16 persone.
Il conflitto siriano invece sembra non potersi interrompere. Gli iracheni deplorano la situazione politica del loro paese. Nonostante le elezioni nel 2010, il paese è chiaramente nell’impasse. Secondo il popolo, questo caos sarebbe all’origine delle violenze.
La situazione politica in Egitto è bloccata nella violenza. Il paese è preda di numerose manifestazioni omicide. Ci sono stati più di 250 morti, dalla fine del mese di giugno, mentre il Presidente eletto Morsi è stato destituito per mano dell’esercito. Da allora i suoi sostenitori non smettono di dare spazio alla loro voce manifestando nelle principali piazze del Cairo contro il nuovo potere messo in atto da un colpo di Stato. La giustizia ha comunque prolungato la detenzione di Morsi, Un atto che senz’altro potrebbe mantenere alta la tensione fino al ritorno del primo Presidente eletto democraticamente.
Questi non sono solo numeri ma si tratta di vite umane. Per lo più di innocenti. Dati impressionanti che non possono e non devono assolutamente passare inosservati. Numeri che dovrebbero far riflettere i rappresentati della comunità internazionale che deve meditare qualche piano efficace quanto prima per evitare ulteriori spargimenti di sangue.
di Manuel Giannantonio
(Twistore @ManuManuelg85)
(Blog: http://www.fanpage.it/manuel-giannantonio/)
13 agosto 2013