Sono ore decisive lungo i 1576 chilometri di confine che separano Ucraina e Russia

Il confine che separa la Russia dall’Ucraina si costruisce lungo 1576 chilometri. E’ un confine lungo, l’inverno è molto freddo e da pochi giorni le trincee sono piene di soldati. Silvia Boccardi, giornalista di Will racconta dal campo, che i russi sono così vicini che in trincea gli ucraini sentono la loro voce.
L’ultimo mese in Ucraina ha tenuto e continua a tenere tutta la comunità internazionale con il fiato sospeso. Il patto di difesa NATO è ritornato al centro, e gli USA sono impegnati in una contrattazione serrata con Mosca al fine di convincere Vladimir Putin a desistere da un’invasione armata in Ucraina. Al contrario, Mosca non ha mai confermato l’intenzione di invadere il paese, asserendo che si tratti di normali esercitazioni militari che termineranno entro la fine del mese.
Nel mese di febbraio il terreno è ideale per un’invasione armata. La neve che ricopre gran parte dei 1576 chilometri di confine può reggere al massimo per altre 2 settimane. Gli analisti concordano che un’invasione di Mosca, se confermata, non potrà avvenire al più tardi della fine di febbraio, quando il terreno ghiacciato, con l’alzarsi delle temperature, diventerà fangoso per il disgelo della neve e inadeguato ad un’invasione via terra.
La guerra in ucraina non è mai finita
La guerra in ucraina non è mai finita. Sono molti, forse troppi, i paesi dove oggi l’attenzione mediatica internazionale non corrisponde con l’effettiva durata del conflitto. L’Ucraina con la relativa regione del DonBass, fa parte di questi. Sebbene l’Ucraina sia stata sempre una terra di confine, con conflitti continui tra sostenitori dell’identità nazionale e separatisti, dopo l’indipendenza del 1991 la situazione sembra migliorare, ma restano anni difficili.
Nel 2014 la situazione precipita velocemente. Il presidente in carica Viktor Janukovyč viene cacciato violentemente, la legge sulle lingue regionali viene abolita e la lingua ucraina viene riportata come unica lingua di Stato a tutti i livelli amministrativi. E’ bene evidenziare che il presidente uscente era vicino a Mosca, con la quale aveva in essere 252 contratti commerciali di vario tipo, che proiettavano, di fatto, il Cremlino all’interno del paese. Nonostante il duro colpo di Stato e l’elezione di un nuovo governo ad interim, la popolazione ucraina non arriva compatta alla deposizione del presidente.

Il 57% degli ucraini, in quei giorni di rivoluzione, era favorevole al cambio di potere, auspicando in una maggiore indipendenza ucraina che era fino ad allora, di fatto, un satellite russo pervaso di corruzione e cattiva gestione.
Il 43% della popolazione resta invece favorevole ad un rapporto stretto con il Cremlino ed appoggia il governo uscente. Il conflitto si fa rivela complicato da subito. Le manifestazioni violente si intersecano a lotte armate di separatisti contro nazionalisti. L’intervento russo si fa sempre più pesante. Nel frattempo la comunità internazionale cerca di mediare e raggiungere, con i due governi, la firma di due accordi. Si chiameranno Minsk 1 e Minsk 2 e prevedono un formale cessate il fuoco. Il fuoco in Ucraina non si ferma, specialmente nelle regioni di confine. Oggi nel DonBass ci sono 2 Repubbliche separatiste russe che vivono secondo cultura, lingua e usanze russe. In quei luoghi il conflitto armato continua dal 2015, ed è per questo, che in Ucraina, oggi la guerra fa paura ma non sorprende.
Arriviamo agli ultimi giorni
La radice degli scontri del 2014 può essere riassunta con un’espressione: “L’Ucraina voleva semplicemente occidentalizzarsi”. Sebbene non sia un territorio Nato, più volte il paese ha manifestato in maniera implicita la volontà di entrare nel patto di difesa occidentale. Infatti, la Nato e i relativi alleati, guardano al paese come un territorio interno. Negli ultimi giorni si sono susseguiti diversi incontri diplomatici, Macron in volo a Mosca, gli incontri virtuali tra Biden e Putin, la telefonata di Mario Draghi, chiudendo con la fredda posizione di Berlino, che complice il cambio di poltrona al vertice, è inciampata in un – quasi – incidente diplomatico.
La stessa “occidentalizzazione” ucraina è oggi al centro delle tensioni che hanno portato Putin a schierare centinaia di carri, sommergibili, e migliaia di uomini armati al confine. La richiesta di Putin si è mostrata estremamente semplice a parole. “La Russia vuole la certezza che l’Ucraina non entrerà nella Nato”. La risposta non può essere altrettanto semplice, e il patto di difesa atlantico ha fortificato, seppur con unità esigue, i confini in Romania e Polonia.

Dall’inizio di febbraio al confine ucraino sono arrivati oltre 130.000 soldati armati che rispondono a Mosca. Il Cremlino ha impiegato circa trenta giorni per distribuire un numero così alto di risorse. Analisti internazionali prevedono che con gli armamenti attuali, Putin impiegherebbe al massimo due giorni a prendere il controllo del paese. Il punto di forza oggi di Mosca è il gas, utilizzato come punto di trattativa con l’Europa, anche in vista di possibili sanzioni future.
“In considerazione dell’attuale situazione, in via precauzionale, si invitano i connazionali a lasciare temporaneamente il Paese con i mezzi commerciali disponibili”. L’invito della Farnesina è chiaro ed arriva subito dopo l’appello di USA e Francia a lasciare Kiev per un possibile attacco imminente. E’ il secondo appello ufficiale dopo quello del 14 agosto destinato a Kabul.
Il gruppo Wagner torna in Europa
Come conferma il sito Daily Beast in seguito ad una raccolta di fonti direttamente sul campo, mercenari privati del gruppo Wagner sarebbero arrivati in ucraina con un volo diretto proveniente dalla Repubblica centrafricana. L’esercito, mai dichiarato e riconosciuto da Mosca, è gestito da Evgenij Prigozin, braccio destro di Putin e coinvolto in numerosi affari oscuri. A maggio del 2016 è stato Prigozin a fondare ed organizzare la Internet Research Agency, coinvolta in un’operazione di infowar con il fine di destabilizzare i risultati elettorali delle presidenziali statunitensi del 2016.
Il gruppo Wagner oggi è costituito da numerosi ex militari di primo rango dell’esercito russo ed ex membri delle forze speciali. La loro presenza è stata confermata in almeno trenta paesi nel mondo, inclusi Siria, Africa centrale, Sud-America. La compagnia privata è il jolly di Vladimir Putin. Un esercito che opera per Mosca, portando avanti gli interessi del Cremlino, ma che ufficialmente non esiste. Tra i compiti del gruppo due punti privilegiano su tutto: sostenere la politica estera russa ed espandere l’influenza di Mosca nel mondo. Oltre al combattimento, il gruppo Wagner opera alla raccolta strategica di informazioni. Ora sono in Ucraina e si aggiungono alle oltre 100.000 truppe dispiegate lungo il confine.
Le persone si preparano al peggio
I civili in ucraina si allenano con armi di cartone. Le armi di cartone servono a prendere la mira, posizionare il corpo, prendere confidenza con il conflitto.
I Bunker nella capitale sono stati riaperti e riforniti di viveri per l’inverno. Ora rimangono in pausa. Nel caso la Russia dovesse entrare, tutto è pronto. Il popolo ucraino conosce la portata devastante dell’esercito di Putin, ma nonostante questo gli ucraini hanno un forte sentimento nazionalista che li porta a proiettarsi nella difesa armata del proprio paese e mettere in pausa le proprie professioni. Dal professore, al panettiere, alla maestra, al meccanico in ucraina si parte per il fronte. La guerra in Ucraina è una guerra antica, che ha il sapore di camioncini arrugginiti, vecchie armi da oliare, musica nelle trincee, sentinelle che riforniscono il fronte e neve.
Infowar al contrario
“Dopo decenni di leadership sulla guerra dell’informazione dal presidente russo Vladimir Putin, gli Stati Uniti stanno cercando di batterlo al suo stesso gioco”. Negli ultimi giorni, pare che appena l’intelligence statunitense captasse una notizia su minimi risvolti rispetto allo stallo del confine, questa veniva immediatamente inviata ai media internazionali. Su un articolo del NYT, si evidenzia il tentativo degli USA di battere la Russia sul fronte informativo, svelandone ogni minimo movimento in anteprima. Se da un lato Mosca ha fatto sapere che la Casa Bianca sta letteralmente “creando timori e allerte inutili”, contrariamente la strategia di Biden appare molto chiara. Svelare le successive mosse di Vladimir Putin.
Solo poche settimane fa, la Casa Bianca ha raccontato dell’intenzione di Mosca di creare un video di false atrocità commesse da soldati ucraini, da utilizzare come pretesto per un’invasione Ucraina. La strategia di Biden, al netto delle dichiarazioni di non voler inviare aiuti militari in Ucraina, è semplice. Interrompere i piani di Putin, o ritardarli, divulgando in maniera immediata le informazioni strategiche raccolte attraverso l’intelligence, evidenziando così le reali intenzioni di Mosca, che renderebbero più difficili le manovre di Putin nel mascherare le operazioni di attacco.
Nel pomeriggio del 15 febbraio, The Kyiv Independent riporta di un attacco cyber ai siti del ministero della Difesa ucraino e al sito delle Forze armate. La Russia, sempre nel pomeriggio, ha fatto sapere attraverso canali ufficiali di un ritiro coordinato di alcune forze armate sulla linea di fronte, ribandendo a gran voce il necessario disimpegno dell’Ucraina in influenza NATO. La Casa Bianca non ha confermato il ritiro delle truppe russe al confine.