Sharia: cos’è e cosa comporta per le donne afghane

Shari’ah o sharia, Corano, burqa, talebani. Questi sono solo alcuni dei termini che insieme alle notizie, sono rimbalzati su tutti i quotidiani italiani e internazionali nelle ultime settimane. Per comprendere al meglio quello che sta succedendo in Afghanistan, diventa quindi indispensabile andare a fondo per capire cosa questi termini e concetti, così culturalmente distanti da noi, vogliono dire, per poter informarsi al meglio e cercare di comprendere cosa questi cambiamenti così radicali possano significare per quel paese, o in particolare per una fetta di questi cittadini.
Un po’ di chiarezza sulla Sharia
La parola Sharia è stata una delle più utilizzate perché il concetto che esprime sta alla base del modo di rapportarsi con il mondo, di vivere e di comportarsi di tutti i musulmani. Il primo a parlarne è stato Zabihullah Mujahid, portavoce dei talebani, che nella prima storica conferenza stampa, dopo aver manifestato orgoglio e soddisfazione per liberazione dell’Afghanistan dall’occupazione americana, ha poi annunciato che il nuovo governo si sarebbe impegnato per la tutela dei diritti delle donne all’interno della Sharia.
Entrando più nel merito di questo vocabolo, letteralmente significa “strada battuta, sentiero” e indica il complesso sistema di regole del buon vivere e dei comportamenti che un buon musulmano, per essere tale e per essere ben visto dagli altri, deve seguire. Come fonti della Sharia sono considerati diversi testi, ma non tutti sono riconosciuti come tali. Universalmente quindi si tengono il Corano, il testo sacro per eccellenza, e la Suna, un testo in cui vengono raccontati i comportamenti che Maometto e i suoi seguaci hanno tenuto in vita.
Proprio perché si pensa che sia stato Dio stesso a dettare queste norme, i precetti estrapolati dalla Sharia vengono considerati saldi e sempre giusti. Ma quello che in realtà sappiamo è che, in passato, a mettere mano su questi testi per estrapolare delle leggi scritte che fossero applicabili nella vita reale, sono stati dei giuristi. Per questo, queste norme sono invece viste dai più come perfettibili e aventi sicuramente un piccolo margine d’errore.
Cosa contiene
All’interno della Sharia si trovano sia alcune voci che disciplinano il rapporto fra l’uomo e Dio, di cui fanno parte i famosissimi cinque pilastri dell’Islam – la fede nell’unico Dio, la preghiera cinque volte al giorno, l’esercizio dell’elemosina, il pellegrinaggio alla Mecca e il digiuno nel mese di Ramadam – , sia quelle che hanno voce in capitolo nei rapporti fra gli uomini e fra di essi e le cose.
Uomini e donne, all’interno di questo testo, sono uguali davanti a Dio ma i loro diritti sono invece molto diversi. Ad esempio, esistono alcune norme che dicono che in caso di una eredità, la donna riceva la metà di quanto arriverà ad un familiare maschio; anche in fatto di libertà personali, riporta che una donna non dovrebbe mostrare la propria bellezza al di fuori della propria famiglia, e l’interpretazione di questo passaggio ha fatto si che, nella realtà, siano entrate nel costume comune il fatto portare il burqa, l’abaya (vestito con maniche lunghe che copre tutto il corpo) e il niqab (velo).
Ma anche nell’interpretazioni della Sharia non esiste un’interpretazione univoca. In alcuni Paesi a religione musulmana infatti c’è chi guarda a queste leggi con una visione più aperta, interpretando le regole in maniera più morbida; dall’altra parte invece c’è chi come “[…] i gruppi radicali si sono semplicemente serviti della dottrina conservatrice per legittimarsi come promotori dei valori tradizionali […]”. A questo secondo caso, appartengono tutti quei paesi che hanno fatto una forte segregazione nei confronti della donna, cancellando completamene le sue libertà personali, in nome di leggi che sarebbero state declamate da Dio stesso.
La situazione per le donne oggi
Alla notizia dell’avvicinamento verso Kabul dei talebani, la reazione in molte città è stata quella di correre ai ripari nascondendo i segni di modernità che fino a quel momento le avevano caratterizzate. I video ci hanno restituito la cancellazione per le strade di manifesti raffiguranti donne con volto scoperto, la corsa ai ripari nel coprire il proprio corpo e il volto da parte delle donne, la loro paura e la loro preoccupazione per un mondo che stava nuovamente cambiando.
Il primo pensiero di nonne e mamma afghane è andato sicuramente al periodo vissuto negli anni ’90 – il precedente governo talebano – dove le misure erano più che restrittive e le donne in tutto dovevano sottostare al volere dell’uomo; per le figlie, per le quali quegli anni erano solo nei racconti dei più grandi, quei giorni hanno significato il prepararsi ad una situazione completamente nuova e diversa dalla loro vita. Le loro testimonianze di quei drammatici giorni hanno fatto capire a tutto il Mondo, qualora ce ne fosse bisogno, quanta fatica e quanti sforzi sono serviti negli ultimi vent’anni, sotto occupazione americana, per arrivare ad avere gli stessi diritti e le stesse opportunità degli uomini.
Tutte queste sensazioni ci sono state ben raccontate dall’associazione italiana Pangea Onlus nei giorni in cui Kabul cercava di essere evacuata.
Oggi, rispetto a quello che il portavoce dei talebani aveva sostenuto in conferenza stampa, la situazione purtroppo si sta rivelando molto diversa. Invece che adottare misure più morbide e accoglienti nei confronti delle donne, stiamo assistendo all’imposizione di diversi divieti, come quello di fare sport, di uscire di casa se non per bisogni considerati essenziali e solo accompagnate da un uomo della famiglia – con la motivazione che per le donne sia pericoloso scendere in strada perché molti dei combattenti talebani non sono abituati a parlare con loro -, ricoprire cariche politiche o di manifestare in piazza. Quest’ultimo divieto, in particolare, è figlio di diverse proteste di cui si sono rese protagoniste le donne in questi ultimi giorni, scese in strada per rivendicare i propri diritti personali e non.
Numerose lavoratrici sono state licenziate perdendo il proprio posto di lavoro, tante di loro hanno cominciato ad avere paura che i talebani potessero entrare nella loro casa per portarle via dalla propria famiglia. Altre questioni invece, come la scuola, sono state accuratamente regolamentate. In alcune città, ad esempio scuole e università sono state del tutto vietate. In altre invece, alle donne che scelgono di frequentare l’università privata, è concesso di frequentare le lezioni solo in classi separate dagli uomini e con abbigliamento islamico. Scrupolosi sembrano essere anche gli spostamenti all’interno dei locali scolastici, dal momento che ragazzi e ragazze devono uscire dalle aule da porte diverse o a tempi diversi.
Controcorrente a questo sentire comune sembrano invece andare le 300 donne che negli ultimi giorni sono scese in piazza per sostenere il governo talebano e le misure restrittive adottate.