Colombia: ondata di proteste in tutto il paese

La Colombia sta vivendo giorni bui, dal 28 Aprile il paese è scosso da un’ondata di proteste che sono già costate la vita a oltre 30 manifestanti.
Da più di 10 giorni ormai migliaia di persone si riversano quotidianamente nelle strade colombiane per protestare contro il governo del presidente di centrodestra Iván Duque. I disordini sono iniziati dopo l’annuncio del Presidente di voler attuare una serie di riforme di stampo neoliberista. Tuttavia, il malcontento della popolazione ha origini più profonde. Infatti, nonostante il passo indietro del governo, che il 2 maggio ha annunciato il ritiro del progetto di legge, le manifestazioni sono proseguite. La risposta statale è stata la militarizzazione del paese.
“Nos estan matando”, ci stanno ammazzando. Secondo l’organizzazione non governativa Temblores ad oggi si contano oltre 30 manifestanti uccisi dalla polizia, 216 casi di aggressioni violente, 10 casi di violenza sessuale di genere, 42 aggressioni dirette a difensori dei diritti umani e reporter, 1443 arresti arbitrari, e ben 379 desaparecidos di cui non si ha alcuna notizia.
Il massacro che le forze di polizie stanno compiendo in tutto il paese è stato duramente condannato dalle Nazioni Unite. Il 4 maggio un portavoce dell’Onu ha dichiarato: “Siamo profondamente preoccupati per come si è evoluta la situazione a Cali durante la notte, dove la polizia ha aperto il fuoco contro i manifestanti e diverse persone sono state uccise e ferite”.
Ma la protesta va avanti compatta e in larghissima parte pacifica, e lo slogan più gridato è: “No más violencia”, basta con la violenza.
La riforma fiscale
Il 28 Aprile il presidente Iván Duque ha annunciato un pacchetto di riforme neoliberiste in linea con le richieste del Fondo Monetario Internazionale (FMI). La riforma aveva lo scopo di aumentare le tasse per incrementare le entrate statali.
Un pacchetto che avrebbe dovuto aiutare la Colombia a uscire dalla recessione dovuta alla pandemia (una riforma da 6,3 milioni di dollari vitale per stabilizzare le finanze, mantenere il suo rating e finanziare programmi sociali). Ma i più colpiti dall’aumento delle tasse, e dalla riduzione delle esenzioni, sarebbero stati i ceti medi e bassi.
Tra le varie misure, la riforma tributaria prevedeva un aumento dell’IVA soprattutto su prodotti alimentari di prima necessità, oltre all’estensione delle imposte sui salari medio-bassi, sulle pensioni e i funerali. Erano inoltre previsti un aumento della benzina, nuovi pedaggi autostradali e tasse per la circolazione in moto, tutte misure che avrebbero colpito direttamente l’economia della classe lavoratrice colombiana. Il 2 maggio Duque ha annunciato il ritiro del progetto, e poi si è dimesso il ministro delle Finanze, Alberto Carrasquilla, ma le proteste non si sono fermate. Anzi, si sono allargate trasformandosi in una critica radicale al governo e alla sua gestione della pandemia.
Le radici del malcontento sociale
Il “paquetazo” di leggi è stato annunciato in un contesto delicato. La Colombia sta infatti attraversando una grave crisi economica e sanitaria. Con una popolazione di 50 milioni di abitanti, dall’inizio della pandemia si contano circa 75mila decessi e quasi tre milioni di contagi. Le conseguenze economiche di questa situazione non si sono fatte attendere. Nel 2020 il tasso di povertà è salito al 42% e il numero di disoccupati è aumentato di un milione, aggravando una situazione che già era difficile prima dell’avvento della pandemia. La riforma è stata quindi la goccia che ha fatto traboccare un vaso già stracolmo di malcontento sociale, che affonda le proprie radici in una grave crisi economica acuita dal Covid-19.
Una richiesta di dialogo tardiva
Video che mostrano gli abusi della polizia e dei militari sono stati diffusi sui social network spingendo i movimenti sociali e gli organizzatori della protesta a non fermarsi e a convocare nuove manifestazioni. Da parte sua il governo ha messo in moto una strategia di dialogo con i vari movimenti sociali per convincerli a sospendere lo sciopero nazionale. Tuttavia, il dietro front del presidente probabilmente servirà a poco. A far scoppiare la crisi non è stata questa riforma, bensì problemi ben più strutturali, quali le violazioni dei diritti umani, l’economia in crisi, e le riforme che colpiscono i ceti più poveri.
Invece dell’empatia, Duque ha scelto la via della militarizzazione e della repressione, questa decisione probabilmente gli costerà la rielezione, ma il prezzo più alto lo sta pagando il popolo colombiano.