La questione americana. Il 2020 apre ad un futuro molto incerto

Il 2020 si sta dimostrando un anno complesso da molti punti di vista. Non serve elencare i fatti e le cose avvenute fino a questo momento, è solo possibile affermare con certezza che sono in molti ad attendere con impazienza il 31 dicembre per poter dimenticarsene.
Il mondo politico e quello dei media non riescono quasi a stare dietro a tutto ciò che sta accadendo, le prime pagine si dividono fra questioni nazionali e internazionali, come ad esempio la complessa situazione degli Stati Uniti. Chi in questo periodo ha provato ad affacciarsi a questo continente infatti, ha potuto notare come tanti temi scottanti stiano in qualche modo minando il sistema americano fin alle sue radici. Ma andiamo con ordine.
11 marzo 2020: l’OMS dichiara il Coronavirus pandemia. Già da alcuni giorni i governi di tutti i paesi stavano cominciando a capire che il virus che aveva inizialmente colpito la Cina e mano a mano si stava diffondendo, provocando milioni di morti, era qualcosa di serio, che andava per quanto possibile controllato. Ogni stato ha deciso di agire autonomamente all’interno dei propri confini con i dati alla mano della diffusione del virus: Italia e Cina hanno optato per il lockdown completo, Francia e Inghilterra sono state caute e hanno aspettato qualche settimana in più per promulgare divieti e norme anti Covid, controversa invece fin da subito è apparsa la posizione assunta dall’America, uno degli stati che potenzialmente, per la sua popolosità, avrebbe dovuto preoccuparsi fin da subito di mettere in campo misure per combattere il Coronavirus.
Durante questi mesi, nonostante i dati abbiamo sempre dato un incremento di contagiati e di vittime in America, sembra che il problema sia stato molto sottovalutato, e tutt’oggi, quando ancora un vaccino non esiste, accade ancora così. Lo stesso Trump, ha più volte criticato l’operato di sindaci americani che hanno adottato per le proprie città misure stringenti, e nell’aprile scorso è arrivato al punto di ipotizzare iniezioni di disinfettante contro il virus. Emblematiche sono state anche le proteste delle persone scese in strada che urlavano a gran voce per avere una riapertura più veloce delle varie attività commerciali.
Per il sistema sanitario americano poi, non è una sfida da poco: in un mondo dove il diritto all’assistenza sanitaria spetta ancora a pochi e il prezzo dei tamponi è alle stelle, si è finiti a vedere migliaia di persone ricorrere all’acquisto di armi, piuttosto che rispettare le misure adottate dai vari sindaci delle città. Una situazione davvero paradossale.
25 maggio 2020: a Minneapolis muore George Floyd. Il fatto fin dall’inizio appare molto controverso, i verbali stilati dalla polizia nascondono il fatto che per ben 8 minuti e 46 secondi un agente di polizia ha tenuto il proprio ginocchio fermo sul collo di George, il quale, nelle sue richieste di lasciare la presa perché non riusciva a respirare, non è stato ascoltato. A mettere in luce i fatti realmente accaduti sono stati in seguito alcuni filmati di diversi testimoni oculari. Tutto questo ha sollevato due problemi fondamentali e ancora irrisolti della società americana: la questione razziale fra bianchi e neri e l’uso eccessivo della violenza dei poliziotti americani, purtroppo non nuovi a questi fatti.
Nei giorni successivi, prima a Minneapolis e poi nel resto del continente, si sono diffuse proteste pacifiche che si sono fatte via via sempre più violente. In seguito alla richiesta dell’intervento della Guardia Nazionale per sedare i disordini, soprattutto a Minneapolis, il 28 maggio Trump ha consentito il dispiego di forze. Lo stesso giorno si è verificata la prima morte durante le proteste; in tutto il Paese poi sono stati registrati moltissimi feriti nelle fila dei manifestanti, arrestati e picchiati senza validi motivi. Tra i tanti video diffusi, molto scalpore ha fatto quello di un signore anziano spinto a terra da un agente di polizia e non soccorso, nonostante l’evidente ferita con conseguente fuoriuscita di sangue dalla testa. Ora non riesce a ricordare nulla.
20 giugno 2020: nella notte italiana Trump tiene il primo comizio politico dopo lo stop per Coronavirus a Tulsa, Oklahoma. È la notizia di questi giorni il fatto che per il presidente, che sperava nel rilancio della sua campagna elettorale grazie a questo evento, sia stato un vero e proprio fallimento. Il comitato elettorale e lo stesso Trump via Twitter avevano parlato di un tutto esaurito, le immagini però ci hanno invece raccontato di un palazzetto vuoto per due terzi della sua capienza. Cosa è successo? Diverse testimonianze raccolte sul luogo raccontano di come anche fra gli elettori di Trump sia molto diffusa la paura del Coronavirus; in questi giorni in particolare i casi sono in aumento e lo stato di Oklahoma è proprio uno dei più colpiti.
Fin dal principio la decisione di organizzare un comizio in questa città era stato fortemente criticato dai democratici, media e sanità, dal momento che già si sapeva che all’interno del palazzetto non ci sarebbe stato nessun obbligo di distanziamento sociale e utilizzo della mascherina. In aggiunta hanno fatto molto discutere le affermazioni di Trump riguardo i tamponi: «quando esegui i test in tale misura, troverai più persone, troverai più casi. Così ho detto alla mia gente “Rallentate i test per favore”», una frase che testimonia quanto in America lo stesso presidente sia cieco all’evidenza dei fatti e dei dati di contagiati e morti.
A cinque mesi e poco più dalle presidenziali, quando milioni di cittadini americani si recheranno al seggio per scegliere fra Joe Biden o Trump, lo scenario appare ancora molto incerto. Sarà un momento cruciale per la storia degli Stati Uniti, sia per quanto riguarda la gestione di politiche interne sia i rapporti con gli altri paesi e gli alleati. Chi ne uscirà vincitore avrà la responsabilità di traghettare la nazione da sempre simbolo di libertà verso un futuro, che al momento pare molto incerto, pieno di sfide.