Il Giappone in bilico tra Cina, India e Stati Uniti

Tokyo, Pechino e Nuova Delhi sono coinvolti in un gioco di alleanze e rivalità innescato dalle guerre commerciali di Trump. La Cina e il Giappone cercano di riavvicinarsi ma restano diffidenti e il gigante indiano si propone come partner alternativo
Giappone, Cina e Trump – Le politiche commerciali di Trump e la guerra commerciale iniziata con la Cina hanno avuto effetti collaterali soprattutto in Asia. Il Giappone, storico alleato degli USA, non ha gradito molto alcune delle misure della Casa Bianca in campo economico-diplomatico-commerciale.
Nonostante il Premier nipponico Abe sia stato tra i primi a congratularsi con Trump dopo la sua elezione nel 2016 e abbia incontrato il tycoon più spesso di qualunque altro leader mondiale, i rapporti negli ultimi mesi si sono piuttosto raffreddati.
A Tokyo non è piaciuta l’esclusione dai negoziati tra USA e Corea del Nord che hanno portato allo storico summit tra Kim e Trump e ad una distensione dell’escalation nucleare. Inoltre, mentre altri alleati storici di Washington come l’Australia sono stati esentati dalle tariffe sulle importazioni di alluminio e acciaio, il Giappone ne è stato investito in pieno ed è stato anche accusato da Trump di danneggiare l’America con le sue politiche commerciali.
Dunque, nonostante le relazioni con gli Stati Uniti siano imprescindibili, per Tokyo si è resa necessaria una politica estera che punti a rafforzare le relazioni con la Cina (principale partner commerciale e pesantemente colpito dalla guerra commerciale con gli USA). Nel weekend il Premier Abe si è recato a Pechino dove, insieme a una delegazione di centinaia di uomini d’affari e diplomatici nipponici, ha incontrato il suo omologo cinese Li Keqiang.
Tra i principali accordi siglati in questa occasione c’è uno swap valutario che ha portato a Tokyo circa 200 miliardi di yuan e a Pechino 3400 miliardi di yen (circa 30 miliardi di dollari) per favorire il commercio e ridurre l’esposizione nei confronti del dollaro USA.
Belt and Road, guerra e isole contese – Ma, nonostante le dichiarazioni di intenti e il clima di distensione, tra Cina e Giappone continuano a esserci attriti importanti.
A partire da una storica inimicizia tra i due Paesi che affonda le radici nell’invasione nipponica della Manciuria durante il secolo scorso fino ad arrivare alla più recente rivalità economico-finanziaria tra le due più ricche e importanti nazioni dell’Asia.
A questo si aggiunge anche la questione militare. La Cina negli ultimi anni ha adottato una politica piuttosto aggressiva nel Mar Cinese Meridionale e Orientale (rotte su cui transita buona parte del commercio marittimo nipponico) in cui ci sono anche diverse isole contese tra Tokyo e Pechino. Le più importanti di queste sono le isole Senkaku/Diaoyu, nazionalizzate dal Giappone e spesso teatro di sconfinamenti navali e aerei da parte della Cina.
Inoltre, la crescente pressione militare cinese nella regione ha costretto il governo giapponese prima ad una modifica della costituzione in senso meno pacifista e poi ad una crescente spesa militare che incide sempre di più sul PIL nazionale.
Tutto questo si inserisce sullo sfondo della Belt and Road Initiative, la Nuova Via della Seta, a cui il Giappone non ha formalmente aderito ma di cui potrebbe essere uno dei partner fondamentali per garantire a Pechino uno sbocco sul Pacifico forzando la cintura di nazioni alleate degli USA che attualmente limita l’espansione della Cina verso la costa americana.
L’India: l’altro gigante che può sfidare la Cina – Il quadro geopolitico dell’Asia si complica ulteriormente se consideriamo che immediatamente dopo il summit di Pechino il Premier Abe ha incontrato il Primo Ministro dell’India Modi.
Si tratta di un incontro che potrebbe delineare nuovi scenari per la regione dell’indopacifico dato che l’India è attualmente il principale competitor della Cina sul continente. La grande visione della Belt and Road Initiative è pensata per isolare Nuova Delhi favorendo i rapporti tra Cina e Pakistan (storico rivale dell’India) tagliando fuori dalle principali rotte commerciali terrestri e marittime l’India.
Per questo e per contenere le manovre aggressive di Pechino sulle rotte marittime l’India, insieme a Stati Uniti, Australia e Giappone, ha creato il “quad”, una sorta di alleanza in funzione anti-Cina. In questo senso è significativo l’accordo tra Abe e Modi per consentire alle navi militari nipponiche di utilizzare le basi di Nuova Delhi sulle Isole Andamane e Nicobare e a quelle indiane di utilizzare basi navali giapponesi.Aciò si aggiunge che l’esercito indiano e le forze di Tokyo terranno esercitazioni militari congiunte (una risposta alle recenti massicce esercitazioni russo-cinesi che devono aver preoccupato non poco il governo giapponese).
Un gioco di equilibri precari – Per il Giappone dunque si tratta di una situazione piuttosto complicata. Abe dovrà essere bravo a destreggiarsi nel conflitto commerciale tra USA e Cina senza perdere da un lato l’appoggio militare di Washington e dall’altro la partnership commerciale con Pechino.
Inoltre, per limitare le mire cinesi di superpotenza, dovrà trovare un’intesa solida anche con l’India (che però potrebbe esporre Tokyo a ritorsioni americane dopo che Nuova Delhi ha apertamente sfidato le direttive di Washington comprando sistemi d’arma e antimissile dalla Russia) e a sottrarre altri alleati a Pechino. Infatti, nonostante gli investimenti miliardari del progetto della BRI facciano gola a molti, alcuni Paesi come Malesia e Sri Lanka hanno lamentato di essere esposti ad un eccessivo debito da parte della Cina e in questo senso il Giappone potrebbe rappresentare un partner molto più appetibile.