Corea del nord: Decenni spesi senza convincere il paese all’abbandono delle armi nucleari

Il presidente americano Trump incontrerà a Singapore il giovane leader nordcoreano attraverso un incontro storico. Trent’anni di negoziazioni diplomatiche non sono serviti a far rinunciare il paese all’armamento nucleare. Uno strumento politico fortissimo, usato per colmare grandi carenze e acquisire potere al tavolo delle discussioni. Riuscirà Trump a strappare un accordo dove i suoi predecessori hanno fallito?
SINGAPORE – In circa trent’anni, i presidenti americani si sono succeduti congiuntamente ad altri capi di Stato, senza contare il supporto dell’ONU, hanno tutti tentato di fare pressioni sulla Corea del nord o di incoraggiarla al fine di abbandonare il programma dell’armamento nucleare. Donald Trump, si appresta oggi ad incontrare il dirigente nord coreano Kim Jong Un a Singapore (ritenuta città fondamentale per le negoziazioni), con l’intento di strappare un accordo evidentemente sfuggito ai suoi predecessori.
Sotto il dominio di Kim Il Sung, nonno dell’attuale leader, morto nel 1994, la Corea del nord ha firmato nel 1985 il Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), ma i sospetti di inganno non tardano a manifestarsi. Nel 1989, le immagini satellitari americane rivelano la presenza di una fabbrica di trattamenti nucleari a Yongbyon. Nel 1993, Pyongyang annuncia la sua decisione di lasciare il TNP, una decisione che peggiora notevolmente quanto inevitabilmente, i rapporti con Washington D.C.
Al termine di un accordo firmato nell’ottobre del 1994 con l’amministrazione Clinton, la Corea del nord accetta di gelare e smantellare ulteriormente le sue installazioni suscettibili di produrre plutonio. Pyong Yang, assicura che siano destinate alla produzione di energia elettrica. Sotto il regno di Kim Jon Il (deceduto nel 2011), padre di Kim Jong Un, la Cina accoglie i negoziati prendendone parte come la Russia e il Giappone. Il nord accetta di rinunciare al suo programma nucleare, di raggiungere il TNP e di accogliere ispettori stranieri in cambio di aiuti alimentari ed energetici, con la prospettiva di un’eventuale normalizzazione delle relazioni con gli Stati Uniti e di un trattato di pace mettendo ufficialmente fine alla guerra delle due coree (1950-53). Washington impone delle restrizioni a una banca di Macao sospettata di gestire denaro per il nord. Nell’ottobre del 2006, Pyongyang conduce il suo primo test nucleare.
Durante una nuova sequenza di dialoghi diplomatici nel febbraio del 2007, le parti convengono un accordo che prevede il blocco del suo programma nucleare in cambio di aiuti. Qualche tempo dopo, il nord comincia a chiudere le sue centrali nucleari di Yongbyon, ritirando migliaia di combustibili sotto lo sguardo degli esperti americani. Nel 2008, Pyonyang trasmette a Washington un documento corposo sul proprio programma nucleare e fa esplodere la torre di raffreddamento di Yongbyon davanti ai giornalisti stranieri. L’amministrazione Bush, toglie le sanzioni e ritira lo Stato dalla lista dei paesi che sostengono il terrorismo.
Tuttavia le due fazioni, non raggiungono un accordo sulle procedure di verifiche del disarmamento. Alla fine del 2008, il programma nucleare nord coreano e Pyongyang vietano la presenza di ispettori nucleari.L’ultimo dialogo diplomatico tra le parti si svolge nel dicembre del 2008. Nel 2009, il nord conduce una serie di test balistici congiuntamente a test nucleari. Nel 2010, mostrano a un esperto americano in visita, una nuova fabbrica di arricchimento dell’uranio e un reattore a Yongbyon.
In virtù di un accordo annunciato il 29 febbraio 2012, l’amministrazione Obama offre a Pyongyang un sostegno alimentare considerevole in cambio del ritorno delle ispezioni e di una ripresa del dialogo. Sedici giorni dopo, il nord annuncia il progetto di lanci dal satellite, concretizzatosi ad aprile, decretando il punto morto degli accordi. Oggi, Trump dovrà dare seguito a un trentennio sterile tentando, quanto meno, di stabilire un nuovo inizio. Una situazione che si prospetta complicata tenendo conto della caratura politica dei soggetti coinvolti.
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