Fisco: Google non ha pagato il conto
Milano – Continua la querelle giudiziaria tra l’erario (italiano) e le big dell’high-tech (quelle americane).
La Guardia di Finanza e la Procura di Milano inchiodano il colosso Google, con l’accusa di aver eluso le tasse per circa 230 milioni.
Nelle puntate precedenti era finita sotto al mirino della Procura un’altra delle celebrità della Silicon Valley: la Apple, che tra il 2008 e il 2013 aveva evaso per un totale di 880 milioni di euro, e che a fine dicembre ha dovuto raggiungere un accordo con il fisco italiano restituendo alla casse dello Stato l’ammontare di 318 milioni. L’accordo prevedeva anche una procedura di regolamentazione internazionale, per stabilire quale quota di imposte pagare in Italia e quale in Irlanda, dove la multinazionale della Mela possiede una sede amministrativa tramite la quale usufruisce di un sistema fiscale molto più favorevole.
Torniamo a oggi, la dinamica è piuttosto simile. In seguito a una verifica fiscale, la Gdf di Milano ha avviato una procedura amministrativa a carico di Google Ireland Ltd, alla quale – si legge nel verbale – si attribuisce “una stabile organizzazione occulta in Italia”.
Secondo la contestazione, la società californiana non avrebbe dichiarato un reddito imponibile di 100 milioni, al quale sarebbe corrisposta un’imposta del 27%, e avrebbe commesso un’altra evasione su “ritenute d’acconto relative a royalties non operate e non versate per 200 milioni di euro”.
La società avrebbe dunque aggirato il Fisco contabilizzando introiti pubblicitari, conseguiti in Italia, nella società irlandese, godendo di grossi vantaggi fiscali.
Anche se non è stato ancora preso un accordo, nè definita una sanzione, si parla della restituzione di un ammontare di 150 milioni di euro da parte del motore di ricerca più famoso al mondo.
Non tarda ad arrivare il plauso del Times, che dedica la prima pagina al caso italiano, titolando:”l’Italia dimostra all’Inghilterra come essere duri con Google”, facendo riferimento al recente accordo tra le autorità inglesi e il colosso americano, definito dal giornale londinese “una resa fiscale”, e contro il quale si era scagliato ieri anche il magnate australiano Rupert Murdoch, che aveva accusato la società di Mountain View di lobbying.