Allarme pensioni: il regolamento dei conti
“Incostituzionale”: questa la sentenza della Consulta che boccia, alla vigilia del ponte del primo maggio, il blocco delle perequazioni per le pensioni superiori a tre volte il trattamento minimo Inps. Questa norma, introdotta per il 2012-2013 dal governo Monti con il decreto salva Italia, interessa circa 6 milioni di pensionati con un reddito superiore ai 1.406 euro lordi, ai quali è stata negata l’indicizzazione (un adeguamento al costo della vita) per i due anni successivi e dunque – secondo il tanto discusso verdetto della Corte – “intaccando i diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale… fondati su inequivocabili parametri costituzionali: la proporzionalità del trattamento (art. 36 Costituzione) e l’adeguatezza (art. 38), oltre ai principi di solidarietà (art. 2) e di eguaglianza sostanziale (art. 3)”.
Una granata fino ad oggi inesplosa per l’esecutivo che si trova a dover colmare una voragine di circa 8,2 miliardi di euro accumulati con i due anni di blocco, che dovranno essere restituiti ai numerosi pensionati coinvolti, con tanto di interessi.
Una prima misura, seppur parziale, riguarderà il sacrificio del tesoretto da 1,6 miliardi di euro ricavato dal governo con il Def, come indicato dal presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, che perentorio richiede l’apertura di un dibattito sul tema della previdenza. Ulteriori ipotesi sono quelle della rimodulazione della norma, che significherebbe l’innalzamento della soglia del blocco (sei volte il trattamento minimo), e quella della rateizzazione dell’esborso, dando priorità ai pensionati con assegni più bassi.
Il rischio è comunque quello di una destabilizzazione dei conti pubblici: il rimborso sarà perseguito tagliando risorse che altrimenti sarebbero state investite a sostegno dell’economia, e che non necessariamente si esprimeranno in un rilancio dei consumi interni.
Tommaso Latronico
4 aprile 2015