Le nuove tecnologie sono compatibili con gli obiettivi di sostenibilità ambientale?
La crescente importanza delle criptovalute, dell’intelligenza artificiale (AI) e dei centri dati per l’economia globale, così come il loro impatto sulla vita quotidiana, solleva quesiti importanti riguardanti l’impronta ecologica e la sostenibilità.
L’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE) ritiene che queste tecnologie abbiano consumato almeno 460TWh (terawattora) di elettricità nel mondo nel 2022, ossia il 2% del totale della richiesta mondiale di elettricità.
Se questo consumo può apparire irrisorio rispetto ad altri settori come quello dei trasporti, l’AIE segnala nel suo rapporto “Electricity 2024, Analysis and forecast to 2026”, che il consumo nei settori citati potrebbe raddoppiare nel 2026.
Sebbene i lavori previsionali nel settore delle nuove tecnologie non siano semplici da decifrare per via della loro rapida implementazione ed evoluzione, soprattutto in materia di efficienza energetica, il rischio di vedere aumentare la richiesta di energia elettrica, solleva un certo numero di domande riguardo alla capacità dei sistemi energetici nel mantenere l’equilibrio domanda-offerta.
Ci si interroga anche su come questa energia venga prodotta e distribuita sul territorio.
In altri termini, se queste nuove tecnologie siano veramente compatibili con gli obbiettivi di sostenibilità ambientale fissati dagli Accordi di Parigi.
L’AIE propone tre scenari proiettando la richiesta di elettricità per i settori dei centri dati e dell’AI su cinque anni.
Il consumo elettrico mondiale di questi settori dovrebbe arrivare nel 2026 a 620 TWh per lo scenario più efficiente e 1050 TWh per quello più energivoro, ovvero l’equivalente del consumo di energia elettrica attuale del Giappone.
Lo scenario intermedio si pone con una richiesta intorno a 800 TWh nel 2026 – contro i 460 del 2019.
Secondo le proiezioni, nel 2026 la richiestapotrebbe aumentare tra i 160 TWh e 590 TWh,rispetto al suo livello del 2022, l’equivalente,nel suo aumento minimo minimo,al consumo elettrico della Svezia e a quello della Germania per una proiezione in eccesso.
I centri dati costituiscono un elemento centrale dell’infrastruttura digitale e rappresentano, per questo, un elemento fondamentale nell’aumentodella richiesta di elettricità. Da soli, costituiscono tra l’1% e 1,3% del consumo mondiale di energia elettrica, ossia tra i 260 TWh e 360 TWh.
Questo aumento si spiega con la produzione crescente di informazioni digitali, che di fatto necessitano un aumento di dimensioni dei centri dati per permettere di salvare ed elaborare questi dati nei clouds.
La rapida integrazione dell’AI nella programmazione dei software di molteplici settori (deeplearning, cloud computing), accresce la richiesta globale di elettricità dei server.
La formazione dei modelli di AI, soprattutto nel deeplearning necessita di una quantità importante di dati e quindi di una significativa potenza di calcolo.
Secondo il rapporto dell’AIE, i motori di ricerca come Google potrebbero vedere la loro richiesta di elettricità decuplicare da oggi al 2026, nel caso si completi l’attuazione dell’AI.
Se si paragona la richiesta media di elettricità per una qualsiasi ricerca Google (0,3 Wh di elettricità) ai 9 miliardi di ricerche quotidiane che implicano ChatGPT, l’AI sviluppata da OpenAI (2,9 Wh per ricerca), l’AIE valuta la maggiorazione di consumo elettrico per anno a 10 TWh.
Le strategie di espansione delle multinazionali del tech passano attraverso la territorializzazione delle loro infrastrutture.
Se le collettività percepiscono l’arrivo di questi Giganti come una fonte finanziaria importante con moltissimi posti di lavoro“chiavi in mano”, queste società impegnano sul lungo termine le risorse regionali in acqua, elettricità e componenti.
In questa prospettiva, alcuni Stati si interrogano sulla reale capacità delle loro reti elettriche e cominciano a porre delle restrizioni alla creazione di nuovi centri dati sul loro territorio: così hanno già fatto l’Irlanda, la Germania, Singapore, la Cina e alcuni Stati federali degli Stati Uniti.
In Irlanda, per esempio,EirGrid (gestore della rete elettrica) ha interrotto diversi progetti riguardanti la costruzione di nuovi centri dati per motividi sicurezza nell’approvvigionamento. Due di questi progetti erano stati presentati da Amazon Web Services e Microsoft.
Attirati dalle agevolazioni fiscali, i progetti che riguardano la creazione di server sono numerosi: secondo le stime di EirGrid,il loro consumo elettrico dovrebbe rappresentare tra il 23 e 30% del consumo nazionale da qui al 2030.
Sebbene sia difficile prevedere con precisione l’evoluzione della richiesta di archiviazione dati, non si può non riconoscere che le nuove tecnologie avranno sempre più un posto di primo piano nella nostra quotidianità.
Se esistono delle soluzioni per limitare il consumo elettrico di queste tecnologie, bisogna prima di tutto interrogarsi sulpeso dell’impronta ambientale delle nostre vite virtuali e sul modo in cui le nostre società gestiscono e spartiscono le risorse sostenibili regionali.
Le soluzioni che puntano sul miglioramento dell’efficienza termica o la decarbonizzazione dei mix energetici esistono, ma omettonoil tema dell’equa ripartizione delle risorse naturali tra territori, da un lato, e tra le popolazioni e le industrie, dall’altro.