Meloni abbandona la Via della Seta: al G20 parte la progettazione della “Via del Cotone”

Sotto la benedizione di Biden, l’Italia di Meloni abbandona definitivamente la Via della Seta per dirigersi in direzione indiana con la Via del Cotone. Si tratta di una decisione dichiaratamente opposta agli interessi di Pechino che, ad oggi, rimane il principale partner commerciale italiano in Asia.
- La coppia che scoppia
“Melodi”, così è stata ribattezzata una delle coppie più popolari del G20: Giorgia Meloni e il premier Narendra Modi. Tuttavia, l’umorismo generatosi in rete, volente o nolente, coglie una corrispondenza tra i due politici tutt’altro che puramente mediatica. Infatti, lungi dalla cordialità mostrata pubblicamente durante il G20, i due premier sono intenzionati a collaborare per dare vita all’India Middle East Europe Economic Corridor (Imec). Ideato in concorrenza alla storica Via della Seta cinese, questo progetto, ribattezzato appositamente “Via del Cotone”, nasce in contrapposizione geopolitica ai progetti espansivi di Pechino.
Il memorandum d’intesa prevede, infatti, due direttrici, ferroviarie e marittime, che collegheranno l’India ai Paesi del Golfo e questi ultimi all’Europa. Questi canali saranno volti a migliorare i flussi commerciali ed energetici dall’Asia meridionale al Golfo Persico e con l’obiettivo di raggiungere l’Europa. In aggiunta, l’Imec, facendo parte della Partnership for Global Infrastructure and Investment (Pgii), contempla tra le sue dotazioni anche un elettrodotto, un oleodotto per l’idrogeno e un cavo per trasmissione di dati ad alta velocità.
- Gli interessi dell’India
Il desiderio indiano di fare concorrenza alla Via della Seta cinese è vivo dal 2015. Precisamente, da quando si discusse a una conferenza internazionale ospitata nello stato di Orissa il tema del rapporto tra l’India e l’Oceano Indiano (Narendra Modi era allora primo ministro). La Dichiarazione di Bhubaneswar, pubblicata al termine dell’incontro, infatti, testimoniava la volontà di connettere l’India ai ricchi mercati Occidentali. New Dehli si è in seguito data da fare per sporgersi ulteriormente a Ovest. Appena nel 2016, il governo indiano firmò un accordo con Iran e Afghanistan volto ad assicurarsi lo sviluppo di una rete ferroviaria tra il porto iraniano di Chabahar e l’Asia Centrale. Obiettivo non neutrale considerando che il porto in questione è l’unico a livello nazionale che affaccia sull’Oceano Indiano.
Ora, bisogna sottolineare che tracciare un percorso del genere avrebbe comportato, secondo la Federation of Freight Forwarder’s Association of India, una riduzione del 40% delle distanze effettive e del 30% per quanto riguarda i costi economici del trasporto merci. Così facendo, i tempi delle spedizioni dirette in Europa richiederebbe una media di 23 giorni contro i 45-60 necessari ad attraversare il Mar Rosso e l’Egitto. Tuttavia, non è passato inosservato all’occhio statunitense l’interesse mostrato a tale progetto da Azerbaigian, Armenia, Bielorussia, Oman, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turchia e Siria. Infatti, questi stati hanno offerto all’India nuove rotte per raggiungere il vecchio continente che contemplavano (come intuibile) il passaggio attraverso concorrenti strategici degli USA.
- Gli interessi della Casa Bianca
Perciò, non è un caso che gli States, approfittando dell’incontro dell’I2U2 Business Forum di Abu Dhabi avvenuto lo scorso febbraio, abbiano rispolverato l’idea di una nuova Via del Cotone insieme ad India, Israele ed Emirati. Inoltre, la nuova proposta soddisferebbe gran parte degli interessi della Casa Bianca in quella regione. Non a torto, tutto ciò è stato definito da Biden un vero affare, perché la nuova proposta tira in ballo la possibilità di tagliare fuori Russia e Cina nel processo di avvicinamento dell’India all’Occidente.
Attualmente, gli USA risultano tra i firmatari dell’iniziativa assieme a Francia, Germania, Arabia Saudita ed Emirati Arabi (oltre alle già citate Italia e India). Ma non finisce qui: non solo le rotte ferroviarie e marittime dell’Imec risultano del 40% più breve della classica rotta di Suez, ma inoltre garantirebbero all’India di raggiungere l’Europa evitando di incorrere nei problemi che comporta l’attuale conflitto russo-ucraino. L’iniziativa poi sarebbe utile anche per un’altra ragione: la normalizzazione dei rapporti tra Israele e gli Stati Arabi che ridarebbe quantomeno linfa vitale ai discorsi intavolati da tempo inerenti agli Accordi di Abramo. Ciò, a sua volta, permetterebbe Washington di riavvicinarsi ai suoi alleati (soprattutto emiratini) presenti nella regione che a partire da questo gennaio, entreranno nel BRICS. Forse, però, soprattutto per l’Italia, non è tutto oro quel che luccica.
- Gli interessi del governo italiano e le relative criticità
La Meloni tiene a sottolineare quanto il nostro Paese possa “giocare un ruolo decisivo” in questa partita. Eppure, occorre notare che il memorandum firmato dalla premier non specifica il percorso che potranno effettuare le merci dal Medio Oriente all’Europa. È pur vero che, stando a quanto si può osservare sui media indiani, sono cominciate a circolare in modo abbastanza insistente mappe e video simulazioni del progetto che raffigurano le esportazioni attraversare via mare e via treno un percorso che tocca gli Emirati Arabi, l’Arabia Saudita, la Giordania, Israele, Cipro, Grecia, Serbia, Croazia ed Austria per poi arrivare alla Germania.
Già solo stando a queste indiscrezioni – che potrebbero benissimo rivelarsi false, va puntualizzato – l’Italia si troverebbe tagliata fuori dal cordone. Ma aldilà di ciò resta un fatto indiscutibile: se è vero che l’Imec, escludendo il canale di Suez, rappresenta un beneficio economico e geografico per il trasporto merci indiano, che tipo di vantaggio porterebbe all’Italia legarsi a un cordone che esclude l’Egitto? Nonostante i casi Zaky e Regeni, il nostro Paese ha un legame economico e politico con l’Egitto che è stato rivendicato a più riprese dal Governo. Eppure, è dal 2019 che Giorgia Meloni manifesta la volontà di abbandonare la Belt & Road Iniative, pur rassicurando Pechino di voler mantenere – anzi incrementare, sembra – i rapporti economici con la Cina seppur fuori dai disegni tracciati dalla B&R. Ma allora perché abbandonare la Via della Seta per legarsi in modo simile a New Delhi?
Innanzitutto, per il costo che avrebbe comportato il rinnovo politico del memorandum con la Cina. Si parla, infatti, di un deficit commerciale accumulato dall’Italia di ben 41 miliardi. Non che la musica in India sembri troppo diversa a fronte del fatto che il paese asiatico nel 2022 ha registrato un surplus di 5,2 miliardi su 14,9 miliardi di scambi bilaterali con l’Italia. Pertanto, New Delhi è poi tanto più vantaggiosa di Pechino? In più, non potrebbe Pechino scatenare rappresaglie verso il nostro Paese? Sia chiaro, come già detto poc’anzi non è intenzione del governo italiano svincolarsi totalmente dal nostro principale partner commerciale in Asia. Nonostante ciò, la firma del memorandum per l’Imec rappresenta pur sempre l’adesione a un progetto esplicitamente alternativo agli interessi cinesi.
Articolo a cura di Davide Guacci