Tra passato e presente ne “Il mondo di sera”, di Cristopher Isherwood.

Adelphi ripropone “Il mondo di sera” di Christopher Isherwood dove Stephen Monk, dopo la disastrosa fine del suo secondo matrimonio, decide di fare ritorno in Pennsylvania, in una piccola comunità quacchera, luogo della sua infanzia, affidandosi alle cure della zia Sara. Amorevole e premurosa, a volte invadente, Sara si è occupata dell’educazione di Stephen, rimasto orfano di entrambi i genitori in tenera età. Stephen si troverà costretto a passare un periodo di tempo in convalescenza in un ospedale in Pennsylvania in seguito ad un incidente non proprio casuale che l’ha costretto a rimanere a letto. Durante la sua degenza, Stephen comincia a viaggiare nel passato grazie alla lettura di varie corrispondenze della sua prima moglie, Elizabeth, scrittrice e donna matura di cui si innamorò dal primo sguardo.
Elizabeth è senz’altro il sole attorno al quale ruota il pianeta Stephen Monk: ciò che si può notare nella lettura del romanzo di Isherwood, “Il mondo di sera”, edito per Adelphi, è il fatto che, nonostante la voce narrante sia quella di Stephen, ad emergere, pagina dopo pagina, sono anche le emozioni della prima moglie. Aspetto interessante è che, leggendo le lettere di Elizabeth ai sui amici di penna, Stephen scopre le vere sensazioni provate dalla moglie riguardo a vari eventi importanti della loro vita. Queste sensazioni descritte dalla moglie di Monk, in confidenza alle sue più care amicizie, spesso non incontrano le percezioni che il marito aveva avuto allora rispetto all’umore della moglie.
Elizabeth e Stephen decidono di sposarsi dopo molto poco tempo dal loro primo incontro, folgorati dal classico colpo di fulmine, coniugato in una spiccatissima e sorprendente affinità. Inizia così un’interminabile luna di miele in giro per l’Europa che costituirà lo scenario perfetto per mettere a nudo i punti deboli dell’amore appena sbocciato. Vengono alla luce le caratteristiche delle due differenti personalità dei personaggi: Elizabeth, abituata da molti anni alla solitudine, sembra essere sempre sfuggente nei riguardi del marito e della vita coniugale: è chiaro che vuole mantenere forte la sua individualità anche nel matrimonio. Stephen, invece, trova l’affermazione della sua personalità proprio nella vita di coppia: non può sentirsi completo senza Elizabeth.

Stephen Monk è l’emblema dell’uomo del romanzo novecentesco, che non ha paura di mostrarsi debole e schiavo delle sue insicurezze e anche della sua sessualità fluida. Monk, infatti, ne ha due di grandi insicurezze. Da un lato, deve fare i conti con il senso di colpa della sua agiata condizione economica: non si sente meritevole della ricchezza di cui beneficia grazie alla società di famiglia. Dall’altro, invece, nonostante l’innegabile complicità con la moglie, non si sente sempre culturalmente alla sua altezza e delle persone che frequenta. D’altro canto, anche in viaggio di nozze, Elizabeth è impegnata nella stesura del suo nuovo romanzo ed è sempre in cerca di stimoli nuovi. Ma a mettere a repentaglio la serenità della coppia sarà un malore di Elizabeth dopo il quale Stephen viene a conoscenza di due novità: Elizabeth è incinta, ma ha deciso di vivere l’esperienza della gravidanza senza di lui. Stephen scoprirà a sue spese il costo di quella decisione perché, in realtà, la moglie è gravemente malata, affetta da cardiopatia e la gravidanza rappresenta un forte rischio nelle sue condizioni. Le cose si complicano ed Elizabeth perde la gravidanza e la possibilità di concepire altri figli a causa di complicanze nell’operazione.
Ben distante dall’intento di descrivere le classiche dinamiche di coppia, Isherwood ci racconta con grande maestria e una penna a tratti ironica, in grado di cogliere i più inaspettati dettagli, una storia d’amore tra una donna matura, una scrittrice affermata e circondata della stima di molti intellettuali del tempo, e un giovane carismatico ereditiere, schiavo delle sue insicurezze. Nonostante delle apparenti similitudini, Isherwood propone una figura contrapposta all’inetto di Italo Svevo. Benché Stephen Monk sia consapevole dei suoi limiti e ignaro del fascino che è in grado di esercitare sugli altri, a differenza di Zeno Cosini, non compiange la sua condizione ed è in grado di affrontare le difficoltà della vita con pragmatismo, grazie ad una mente libera e aperta.
