VITE SPERICOLATE. ARTISTI MALEDETTI. Li propone la Collezione Netter in mostra a Milano
Modigliani, Soutine, Utrillo, un trio da paura. Folli, alcolizzati, scapestrati, ma geniali.
Non solo loro. Nella combriccola degli artisti maledetti di Montparnasse c’erano anche Derain, Suzanne Valadon, Jeanne Hébuterne, Kisling e altri meno noti, tutti attratti dai paradisi artificiali, nefasti ma suadenti, della Parigi dei primi del Novecento. La città era liberale, accogliente, cosmopolita, le novità artistiche v’incalzavano senza tregua e vi giungevano ebrei, italiani, polacchi, tedeschi. Nel 1904 vi si stabilisce lo scultore rumeno Brancusi e lo spagnolo Pablo Picasso che s’insedia al Bateau-lavoir di Montmartre, dove darà vita al Cubismo, due anni dopo compare Modigliani, nel 1910 il russo Marc Chagall e nel 1912 il lituano Chaïm Soutine.
Parigi si spacca in due, mentre a Montmartre lavorano i Fauves e prende forma il Cubismo, a Montparnasse nei cafés le Dôme, la Coupole, le Bouef sur le toit, la Clôserie des lilas, pullula l’Ecole de Paris, nome pretenzioso per un cenacolo di artisti disperati. Vite sfrenate caratterizzate da povertà, insuccessi, risse, invidie, sbronze, spari e fumate allucinogene per le quali in qualche modo i denari saltano fuori, magari in cambio di un disegno schizzato sui tavolini delle bettole.
A salvare questi bohémiens dalla miseria e dall’anonimato arrivò un benefattore, Jonas Netter, un ebreo alsaziano appassionato di pittura, non così ricco da permettersi i dipinti degli impressionisti, ma abbastanza lungimirante da accogliere i suggerimenti del mercante Léopold Zborowski che gli proponeva i nuovi nomi emergenti. Si formò in questo modo la cospicua Collezione Netter, una delle più importanti del XX secolo, ora in mostra a Palazzo Reale a Milano fino all’8 settembre.
Ma chi erano e come vivevano questi maudit?
Amedeo Modigliani. Il preferito da Netter si trasferisce a Montparnasse nel 1909, abbandona presto la scultura, troppo faticosa per il suo fisico indebolito dalla tubercolosi e troppo costosa per il modesto sussidio che gli invia la madre da Livorno. Passa alla pittura non agganciandosi né agli impressionisti, né ai cubisti, né ai Fauves, ma trovando un suo nuovo linguaggio pittorico altalenante tra tradizione e innovazione. Nella sua vita drogata da hashish e assenzio, nelle sue relazioni tempestose e violente, coinvolge dapprima Beatrice Hastings, giornalista inglese, e poi la giovanissima studentessa Jeanne Hébuterne che gli sarà a fianco negli ultimi tre anni di vita, gli darà la figlia Jeanne e incinta della seconda si getterà dal quinto piano della casa dei genitori il giorno dopo la morte di Modì.
Suzanne Valadon. In verità si chiamava Marie Clementine, figlia illegittima di una lavandaia che la iscrisse a una scuola religiosa, scelta fallita per il temperamento anticonformista e indisciplinato di Suzanne. A diciotto anni si ritrovò ragazza-madre del futuro pittore Maurice Utrillo che non seppe mai chi fosse suo padre ed ebbe il cognome dal generoso amante della madre Miguel Utrillo, un aristocratico spagnolo. Per mantenere se stessa e il figlio, Suzanne s’inventò mille lavori, dapprima fu sarta e fiorista poi acrobata e cavallerizza nel Circo Fernando ma proprio una caduta da cavallo la costrinse a cambiar mestiere e a diventare stiratrice e modella. Posò per Toulouse Lautrec, Degas e Renoir e frequentando i loro studi e i loro letti, s’impratichì dell’arte diventando anche lei pittrice. Quando l’avvocato Paul Mousis le fece una proposta di matrimonio, Suzanne non se la lasciò scappare ma dopo 13 anni scappò lei con André Utter, pittore ventitreenne amico del figlio e che divenne il suo secondo marito. Con André fu un amore lungo, struggente e passionale, immortalato nel dipinto Adamo ed Eva nel quale ritrae se stessa e il marito, nudi in un bucolico eden.
Maurice Utrillo. Nacque a Montmartre nel 1883 e crebbe mal accudito da due donne, la madre Suzanne stravagante e inaffidabile e la nonna che, terrorizzata dalle sue crisi epilettiche, cercava di calmarlo dandogli da bere il vino, per cui ebbe una vita segnata da precoce alcolismo, crisi nervose, eccessi di follia con conseguenti ricoveri in manicomio, tentativi di suicidio e arresti in prigione.
Compagno di bevute di Modigliani, disprezzato dalle prostitute, deriso dai ragazzini, squalificato socialmente, rientrava con la madre e l’amico-patrigno in quella che l’ambiente definiva “trinità maledetta”. Tutto questo non gli impedì di diventare un apprezzato paesaggista, sensibile e atmosferico e di ricevere nel 1928 dal governo francese l’onorificenza della Legion d’Onore.
Chaïme Soutine. Il suo debutto in campo pittorico avvenne con una sonora legnata, ricevuta per aver osato ritrarre il rabbino del suo paese natale e aver pertanto trasgredito le leggi ebraiche che vietavano la raffigurazione umana. Arrivato ventenne a Parigi si stabilì a La Ruche, un ghetto per artisti a Montparnasse, l’equivalente del Bateau-lavoir di Montmartre. Il fatiscente atelier si trovava nei pressi del mattatoio dove il lituano rubava quarti di bue non per mangiarli ma per servirsene come modelli da dipingere, inimicandosi i vicini di casa per l’odore nauseabondo proveniente dalle sue stanze.
La mostra Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti, nasce dall’appassionata dedizione di Netter ad un progetto che durò tutta la vita, collezionare talenti sconosciuti. Ora l’esposizione di Palazzo Reale espone le opere gelosamente custodite dagli eredi e le propone al pubblico dopo più di settant’anni. Capolavoro della collezione La bambina in abito azzurro di Modigliani, dipinto che Jonas Netter conservava nella sua camera da letto.
INFO. La mostra, in programma a Palazzo Reale fino all’8 settembre 2013, è promossa dall’Assessorato alla Cultura, Moda e Design del Comune di Milano, Palazzo Reale, Arthemisia Group e 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE.
Orari:dalle 9.30 alle 19.30; il lunedì dalle 14.30 alle 19.30; il giovedì e il sabato dalle 9.30 alle 22.30.€ 11,00 ingresso singolo intero, ridotto € 9,50 comprensivi di audioguida.
Cinzia Albertoni