Michel Houellebecq, «la verità è scandalosa. Ma senza, non c’è nulla che abbia valore»
«Nous habitons l’absence» è verso tratto da Configuration du dernier rivage: «Disparue la croyance / Qui permet d’edifier / D’etre et de sanctifier, / Nous habitons l’absence. / Puis la vue disparait / Des etres les plus proches».
Chi non conosce Michel Houellebecq non può forse capire la sorpresa di ritrovarsi immersi nelle parole soffuse di chi è considerato un cinico provocatore, basti leggere Le particelle elementari, Piattaforma e non ultimo Sottomissione in cui si predice, con un’inquietante contemporaneità, un’islamizzazione futura della Francia.
Houellebecq non fa sconti sulla realtà, per questo non delude. In Rester vivant scrive: «La verità è scandalosa. Ma senza, non c’è nulla che abbia valore. Una visione onesta e ingenua del mondo è di per sé un capolavoro… Man mano che vi avvicinate alla verità, la vostra solitudine aumenta». Un brano che ricalca proprio questo squarcio sul mondo umano e non nel quale viviamo, questa ferita che ti fa guardare a fondo la carne della sostanza.
«La mia vita era una forma vuota, ed era meglio che rimanesse tale. Se avessi consentito alla passione di penetrare nel mio corpo, subito dopo sarebbe arrivato il dolore. Il mio libro si avvicina alla fine. Sempre più spesso, ormai, rimango a letto quasi tutto il giorno. Certe volte accendo l’aria condizionata al mattino, la spengo alla sera, e tra i due atti non accade assolutamente niente».
Di lui Baricco ha scritto nei giorni seguenti la pubblicazione di Sottomissione, coincisa tristemente con la strage a Parigi nella sede di Charlie Hebdo, libro per il quale Houellebecq è stato molto attaccato e contestato: «Se ancora esiste una pratica che si chiama letteratura — contraddistinta da un certo dominio tecnico superiore e da un’ardita fedeltà ad antiche, estreme, ambizioni — non sono poi molti gli scrittori che oggi vi si dedicano con risultati memorabili: per quel che ne capisco io, uno è Houellebecq. Per questo, chinarsi su ogni suo libro, anche a costo di uscirne delusi, è un gesto che vale la pena di compiere. Di rado è un’esperienza piacevole: Houellebecq è un pensatore spinoso, prima che uno scrittore capace, e il disprezzo chirurgico con cui prova a fare a pezzi luoghi comuni a cui dobbiamo una parte significativa della nostra buona coscienza rende la lettura dei suoi libri fastidiosa fino alla ripugnanza. Tuttavia, quasi sempre l’intelligenza è affilatissima, e la scrittura non banale. Alte le ambizioni, coerente il gusto. Ce n’è abbastanza per interessarsi a lui: quanto ad amarlo è una conseguenza possibile almeno quanto lo è il detestarlo».
Impossibile non subirne il fascino, impossibile rimanere indifferenti.
«Quando la vita amorosa è cessata, l’esistenza nel suo complesso si infetta di qualcosa di leggermente convenzionale e forzato. La forma umana resiste, resistono i comportamenti abituali, resiste insomma una specie di struttura: ma, come si usa dire, manca il cuore».
Piattaforma è un romanzo che vale soprattutto per Valérie, è a lei che si affeziona il lettore, è lei l’assenza che si fa presenza fino alla fine: «Si può abitare il mondo senza capirlo, basta poterne ricavare un po’ di cibo, di carezze e di amore. A Pattaya il cibo e le carezze costano poco, rispetto ai parametri occidentali e perfino a quelli asiatici. Quanto all’amore, non mi è facile parlarne. Ora ne sono convinto: per me Valérie resterà una splendida eccezione. Valérie era uno di quegli esseri che hanno la capacità di dedicare la propria vita alla felicità di qualcuno, di farne il proprio scopo principale, forse l’unico. Questo fenomeno è un mistero. In esso sono la felicità, la semplicità, la gioia; ma continuo a non capire come, e perché, riesca a compiersi. E se non ho capito l’amore, a che serve aver capito il resto?».
Senza Valérie, senza l’amore, nemmeno la morte fa paura: «La morte, adesso, l’ho capita; non credo che mi farà molto male. Ho conosciuto l’odio, il disprezzo, la decrepitezza e varie altre cose; ho conosciuto anche qualche breve istante d’amore. Di me non sopravviverà nulla, e non merito che qualcosa mi sopravviva; sarò stato solo un individuo mediocre, sotto tutti gli aspetti».
Come disse Amleto prima di morire, «il resto è silenzio».