La Sindrome di Stendhal raccontata nella Recherche di Proust

«Alla fine, fu davanti a Vermeer, che ricordava più smagliante, più diverso da tutto quanto conoscesse, ma nel quale, grazie all’articolo del critico, notò per la prima volta dei piccoli personaggi in blu, e che la sabbia era rosa, e – infine – la preziosa materia del minuscolo lembo di muro giallo. Le vertigini aumentavano; lui non staccava lo sguardo, come un bambino da una farfalla gialla che vorrebbe catturare, dal prezioso piccolo lembo di muro giallo».
(Alla ricerca del tempo perduto. La Prigioniera, Mondadori, 2012)
Un piccolo lembo di muro giallo
Ci troviamo nel quinto volume della Recherche di Marcel Proust, siamo nel momento in cui lo scrittore Bergotte, uno degli artisti più apprezzati dal Narratore, si reca a vedere un quadro del pittore Vermeer, la Veduta di Delft. Bergotte aveva più volte visto quel dipinto credendo ormai di conoscerlo alla perfezione, fino a quando si imbatte nella recensione di un critico d’arte che accennava alla presenza di un piccolo lembo di muro giallo, di cui però lo scrittore non si ricordava assolutamente. La mancanza di quel dettaglio nei suoi ricordi diventa un’ossessione e nonostante le sue precarie condizioni di salute decide di porre fine a quel tormento recandosi di persona a rivedere quel dipinto, ma una volta davanti all’opera d’arte e al «piccolo lembo di muro giallo con tettoia» viene colto da un improvviso malore, cadendo a terra morto.
Quella di cui ci parla Proust altro non è che la sindrome di Stendhal, quel disturbo psicosomatico che si manifesta in un soggetto che posto davanti ad un’opera e colto da una bellezza così tanto inaspettata, è vittima di un malore che in casi estremi, può condurre alla morte.
Ma lo stupore per l’arte può davvero essere così tanto forte da essere fatale? A quanto pare sì, ma per fortuna nella maggior parte dei casi chi è sensibile alla bellezza artistica riesce a sopravvivere, anzi, a vivere molto meglio di coloro che sono sprovvisti di tale sensibilità.
Alle origini della sindrome…

Generalmente, in ambito medico, ogni sindrome porta il nome del medico o scienziato di colui che l’ha scoperta: non poteva succedere altrimenti nel caso sopracitato! Stendhal infatti potrebbe essere annoverato tra i più grandi scienziati della letteratura francese del XIX secolo.
Marie-Henri Beyle, autore di celebri romanzi come Il rosso e il nero (1830) e La Certosa di Parma (1839), dai più conosciuto come Stendhal (1783-1842), durante una visita alla Basilica di Santa Croce a Firenze, iniziò a manifestare strani sintomi: alla vista della Basilica, l’estasi dei sensi provocò in lui uno scompenso allora indefinito, ma che ben presto, nel resoconto del suo viaggio in Italia intitolato Roma, Napoli e Firenze (1817), iniziò ad essere testimonianza di un fenomeno che poi negli anni successivi è stato studiato e riconosciuto anche in psicologica e in psichiatria.
Giramenti di testa, senso di soffocamento, sensazione di malessere, tachicardia: sono questi i sintomi più diffusi quando davanti ad una meraviglia artistica, un soggetto ne resta estasiato a tal punto da averne ripercussioni sul corpo.
Che l’arte per Bergotte sia stata una maledizione o una benedizione non lo sappiamo, ma una cosa è certa: davanti a Vermeer è stata la presenza del dettaglio a fare la differenza, ed è vero altresì che se non si fosse mai accorto del lembo di muro giallo, Bergotte avrebbe potuto continuare a vivere nella Recherche, ma in che modo? La sua morte è stata estrema, ma è stata semplicemente una metafora per raccontare che in fondo la vera vita vissuta è quella in cui riesci a sentire davvero qualcosa.