Usata una fascetta elettrica per uccidere il piccolo Loris
RAGUSA — Gli ultimi sviluppi delle indagini riguardanti la morte del piccolo Loris Stival, di appena otto anni, portano alla luce ulteriori dettagli riguardanti la modalità con la quale l’assassino ha infierito sul corpo del bambino. È certo che l’asfissia per strangolamento, come citato dalla Procura di Ragusa, sia stata procurata con una fascetta elettrica, lunga e larga. Gli esami autoptici hanno rivelato graffi al viso e al collo riconducibili appunto al laccio usato per strangolarlo. Loris al momento del ritrovamento, nel canalone in contrada Mulino Vecchio a Santa Croce Camerina, indossava ancora gli stessi abiti del giorno della scomparsa avvenuta il 29 novembre, compreso il grembiule di scuola; unici elementi mancanti gli slip e lo zainetto, che non sono ancora stati trovati. La Procura ha disposto delle ricerche mirate, durante le perquisizioni e i rilievi fatti e tuttora in corso, proprio per ritrovare l’oggetto usato. Sul posto anche Vincenzo Nicolì, Direttore della II Divisione del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato.
La notte scorsa la Polizia Scientifica ha effettuato accertamenti e rilievi anche nella casa di campagna di Orazio Fidone, l’uomo che ha trovato il corpo nel canalone di cemento armato, situata in contrada Passo di Scicli. La perquisizione è stata eseguita subito dopo i rilievi fatti nella casa di Loris. L’uomo è indagato per sequestro di persona e omicidio nel fascicolo aperto dalla Procura, un atto dovuto per permettere gli accertamenti necessari. Dalla casa di Loris sono stati invece prelevati dagli agenti della Scientifica diari, quaderni e oggetti del bambino utili per «ricostruire il profilo psicologico», come spiega il legale Francesco Villardita, e che «la signora non è assolutamente soggetto sottoposto a indagine».
Altro elemento sotto esame l’incongruenze presenti nei due verbali firmati dalla mamma di Loris, smentiti dai video. Veronica Panarello ha prima affermato, nel verbale del 29 novembre, che «eravamo in ritardo e c’era traffico, ho lasciato mio figlio a circa cinquecento metri da scuola», per poi cambiare versione il giorno successivo dicendo che «mi sono fermata a poche decine di metri dalla scuola per farlo scendere». La madre aveva notato che nell’ultima settimana il bambino era più nervoso del solito, e che «Loris non andava a scuola molto volentieri perché diceva che lo prendevano in giro». Inoltre la donna nel primo verbale racconta che «dopo aver accompagnato il figlio più piccolo alla Ludoteca, sono andata al Castello di Donnafugata, dove sono rimasta fino a mezzogiorno» per partecipare al corso di cucina; nel secondo verbale invece la versione è differente, dicendo che «lasciato il bambino piccolo sono tornata a casa per sbrigare delle faccende domestiche. Alle 9:15 sono uscita di casa e sono andata al Castello di Donnafugata, dove sono rimasta fino alle 11:45». Ulteriore dubbio riguarda la vicenda del sacchetto dei rifiuti gettato dalla donna in un punto vicino al luogo del ritrovamento di Loris, in direzione opposta rispetto alla scuola, e menzionato soltanto nel secondo interrogatorio. L’avvocato di famiglia fa sapere che «la mamma di Loris è distrutta, non mangia da giorni, così come il padre» e continua a ripetere di dire la verità e di aver accompagnato il figlio a scuola quel giorno.
Al momento il corpo del bambino non è ancora stato restituito alla famiglia; ci vorranno altri dieci giorni di attesa per l’esito dei prelievi eseguiti per stabilire con certezza se abbia subito o meno una violenza sessuale.
Paola Mattavelli
4 dicembre 2014