Renzi non piace al Vaticano e lo tiene di mira

Renzi non ha ancora preso il timone del nuovo governo, che già arrivano per lui le prime critiche e queste non vengono da un partito dell’opposizione, ma dal Vaticano a cui non è piaciuta la pugnalata di San Valentino e l’Osservatore Romano parla di “peccato originale” nel futuro governo.
Le modalità del sopparso a Letta ricordano troppo antiche manovre del passato e ben evidenziano la fame di affermazione da parte del Pd in continua lotta al suo interno, con correnti che vanno l’una contro l’altra da renderlo instabile.
Questo il giudizio tagliente del Vaticano, che oramai chiusa l’era Bertone non appoggia più una parte politica, ma attraverso la guida del nuovo segretario di Stato cardinale Parolin, segue piuttosto l’onda del pensiero di Papa Francesco, il quale come si sa non ha peli sulla lingua e osserva attentamente le vicende politiche italiane.
Renzi, ora non può contare sull’appoggio del Vaticano e delle gerarchie ecclesiastiche, che aveva già conquistato come sindaco di Firenze, creando un cimitero dei feti, cosa che era molto piaciuto alla Chiesa perchè esaltava il valore della vita umana, dando dignità ad esseri che non erano riusciti ad affacciarsi ad essa.
Al Vaticano, a cui non è piaciuto il colpo di mano messo in atto da Renzi, che ha fatto uscire di scena Enrico Letta, ora sta a guardare il suo operato in cui si evidenzia un temerario spirito avventuriero.
Dalle pagine di Avvenire il giudizio non è affatto morbido e lo si capisce dall’editoriale del suo direttore Marco Tarquinio, che scrive:“Non si licenzia un premier-cireneo come Enrico Letta– per mettere in croce un Paese intero, per disarmare al buio una maggioranza di scopo tra distinti e anche (molto) distanti, per azzardare… una scommessa elettorale”
Così, sia l’organo ufficiale del Vaticano, che quello della Cei, pur senza per questo dare un giudizio aprioistico negativo nei confronti del futuro governo Renzi, pongono però un’incognita sul modo di agire, del “rottamatore”, giustificando invece Enrico Letta per le sue difficoltà, dovute alle lotte intestine nel Pd.
Il Vaticano è perplesso su come il nuovo premier farebbe a centrare i suoi obiettivi e come formerebbe un governo capace di risolvere i problemi delle famiglie, delle imprese, sempre più attanagliate nella spire della crisi.
I consiglieri vaticani stanno già faticando a spiegare al pontefice romano, l’incongruenza rappresentata dal fatto che Berlusconi, nonostante espulso dal parlamento, continui ad aggirarsi nei palazzi del potere dello stato.
La chiesa dunque aspetta ed è attenta perchè ha diversi interessi da curare e non solo pastorali, ma di ordine pratico, come il finanziamento delle scuole cattoliche, l’Imu sugli edifici ecclesiastici, che Monti e Letta avevano dimenticato e Renzi cosa farà?
Non passa inosservata neanche la casuale o voluta manovra dell’arcivescovo di Milano, cardinale Scola, che a fine gennaio ha inserito Gianni Letta nel Comitato di indirizzo dell’Istituto Toniolo, una fondazione che controlla l’università Cattolica e il policlinico Gemelli.
Se si considera che Gianni Letta, zio dell’ex premier, non è né un accademico, né un manager a cosa serve averlo al proprio interno, se non ad assicurarsi un uomo di potere capace di stare per decenni al centro degli affari politici, istituzionali ed economici. I suoi meriti stanno tutti nella capacità di stare vicino ai “grandi” che contano nella guida della politica italiana, come Berlusconi di cui è stato braccio destro, appoggiando la modifica di legge sul falso in bilancio, che ne consente la “modica quantità”, oppure la legge Cirielli sulla prescrizione, che ha consentito di bloccare una serie di processi in cui era coinvolto il Cav. Questo è ciò che consente oggi a quest’uomo, senza meriti accademici, di fornire orientamenti all’università, di cui era rettore un padre costituente e amico di papa Montini come Giuseppe Lazzati: una longa manus per trattare con il potere politico-economico in questa fase delicata ed incerta che attraversa la nostra Italia.
Ora Renzi ha un bell’esame da superare, non solo per i suoi elettori italiani, na anche per chi lo osserva da oltre Tevere.
Sebastiano Di Mauro
15 febbraio 2014