Voglia di ridere? Ecco cinque commedie italiane recenti davvero imperdibili
La commedia è sempre stata uno dei generi di punta del cinema italiano. Negli anni ’60, grandi nomi come Mario Monicelli, Dino Risi o Ettore Scola hanno saputo raccontare i vizi e le virtù del nostro Paese, affidandosi il più delle volte ad attori mattatori che ben sapevano immedesimarsi nei panni dell’italiano medio.
È celebre l’interpretazione di Vittorio Gassman ed Alberto Sordi in La grande guerra, il film che a detta di molti inaugura il periodo d’oro della commedia all’italiana.
Così come resta iconica l’interpretazione di Marcello Mastroianni in un film come Divorzio all’italiana, o anche il Nino Manfredi che recitava al fianco di Totò in Operazione San Gennaro.
Eppure, a dispetto di questa invidiabile tradizione comica, nell’ultimo decennio abbiamo assistito ad un lento ed inesorabile declino del genere. Le commedie davvero divertenti sono diventate sempre meno, relegate quasi ad episodi sporadici che di tanto in tanto tornavano a riempire la sala cinematografica con il clamore di un tempo.
Certo, è impossibile pensare al presente senza citare film importanti come Perfetti sconosciuti, Lo chiamavano Jeeg Robot o i lavori di Checco Zalone. Ma l’impressione di fondo resta sempre quella di un genere che negli anni ha perso mordente, capacità di raccontare la società e, soprattutto, l’interesse del suo stesso pubblico, sempre più incline a cercare il suo svago altrove.
Allora, per smentire almeno in parte questa teoria, ecco una lista di cinque commedie italiane recenti in grado di dimostrare che ridere è ancora possibile. Basta saper scegliere i titoli ed i nomi giusti.
Orecchie, di Alessandro Aronadio
Una mattina un uomo si sveglia con un fastidiosissimo ronzio nell’orecchio ed un post-it attaccato al frigorifero: «è morto il tuo amico Luigi». Sì, ma chi è Luigi?
Ad immedesimarsi nei panni del protagonista di Orecchie c’è un bravissimo Daniele Parisi, attore romano che nel corso della sinossi del film è costretto a risolvere il suo problema uditivo e scoprire chi diavolo è questo fantomatico Luigi.
Per farlo dovrà districarsi tra medici che sottovalutano il suo problema (Massimo Wertmüller), rapper che citano Camus (Re Salvador) e sacerdoti totalmente fuori dalle righe (Rocco Papaleo).
Lo sfondo di questa storia surreale è una Roma in bianco e nero e dal fascino underground, dove le colline non hanno gli occhi ma i palazzi hanno le orecchie.
Disponibile su Netflix.
Figli, di Giuseppe Bonito e Mattia Torre
Nicola e Sara (rispettivamente Valerio Mastandrea e Paola Cortellesi) sono apparentemente una coppia felice. Il feeling è talmente collaudato che i due decidono di fare un bambino. La vita familiare allora prende tutta un’altra piega, ma nulla di irreparabile. Anzi, è stato talmente bello avere il primo figlio che i due scelgono subito di volerne un altro.
È da questa sottovalutazione del rischio che parte la spassosa commedia firmata Mattia Torre, compianto sceneggiatore noto ai più per la serie cult Boris.
L’arrivo del secondo figlio si abbatte come un uragano sulla casa di Nicola e Andrea. Figli è la suddivisione in capitoli di questa “catastrofe” annunciata, una commedia necessaria a fare ordine tra pannolini sporchi, pianti notturni ed ormoni impazziti.
Torre fa un elenco completo ed incredibilmente veritiero dei pro e dei contro di avere dei figli, per poi cinicamente domandarsi: «ne vale la pena?». La risposta è chiara: assolutamente sì!
Bangla, di Phaim Bhuiyan
Phaim Bhuiyan è un giovanissimo regista italiano di origini bengalesi e Bangla è stato il suo film d’esordio.
Una commedia sentimentale sulle scie di Bollywood, la cui storia d’amore che colora l’intreccio è ambientata nel quartiere romano di Tor Pignattara.
Nella periferia della capitale infatti la convivenza tra etnie del sud-est asiatico ed i “romani da 7 generazioni” è ormai un fatto dato per acclamato. Ed il “bangla” o “bangladino” è divenuto, col tempo, persino sinonimo di divertimento, di colloquialità. Sì perché a Roma il “bangla” è un’edizione moderna delle vecchie alimentari, luoghi mistici aperti fino a tardi dove riesci a trovare davvero di tutto, dal succo di frutta al tamarindo fino alla Peroni piccola da consumare per strada con gli amici.
Con Bangla il giovane Bhuiyan racconta alla perfezione questo straordinario esempio di contaminazione, senza cadere mai nel tranello dello spot promozionale o del manifesto pro-immigrazione. Il suo film è piuttosto un tuffo tra i pregi e le difficoltà di essere emigrati da un paese che dista migliaia di chilometri da te, che forse non hai nemmeno visto in vita tua e con una cultura totalmente differente da quella con cui ti ritrovi a convivere. Un problema non da poco, quello dell’integrazione. Soprattutto se di mezzo c’è l’amore…
Disponibile su Tim Vision.
Il grande salto, di Giorgio Tirabassi
Se c’è un discendente diretto della commedia all’italiana è senza dubbio Giorgio Tirabassi. Meriti acquisiti sul campo, lavorando negli anni con Dino Risi, Ettore Scola, Gigi Proietti.
Tirabassi è poi uno dei volti emblematici della romanità, nonché uno dei personaggi chiave della popolare serie tv Distretto di Polizia. Ed il suo esordio alla regia – che lo vede anche nei panni di protagonista assieme a Ricky Memphis – risente tanto della romanità esibita quanto delle esperienze di poliziotto televisivo.
Stavolta Tirabassi e Memphis saltano dall’altro lato della barricata ed interpretano dei ladruncoli da quattro soldi, due che a svoltare ci provano pure, ma alla fin fine gli dice sempre male.
Il grande salto è quella voglia di diventare finalmente grandi, fare il passo più lungo della gamba ed entrare finalmente nell’Olimpo dei criminali veri.
La sfiga però sembra seguirli come la fantozziana nuvola dell’impiegato e per loro delinquere continuerà ad essere tutt’altro che scontato. Una commedia del precariato, a suo modo.
Il colpo del cane, di Fulvio Risuleo
Di precariato in precariato, ecco l’ultimo film della nostra lista. Il colpo del cane è il secondo lungometraggio da regista di Fulvio Risuleo, un autore dal futuro promettente che già a 23 anni vinceva un premio a Cannes per il corto intitolato Varicella.
Ed anche in questo film, così come in quel lavoro di qualche anno fa, uno dei protagonisti della storia è Edoardo Pesce. Stavolta l’ormai ex Ruggero Buffoni di Romanzo Criminale interpreta il ruolo di un fantomatico veterinario che vorrebbe far accoppiare il suo cane con quello di una ragazza incontrata al parco (Daphne Scoccia).
Il colpo del cane è una di quelle pellicole di difficile catalogazione, a metà tra il thriller e la commedia degli equivoci. «Il titolo del film viene da un modo di dire che si riferisce al lancio dei dadi che gli antichi romani utilizzavano per la divinazione», spiegava Risuleo quando uscì il suo lungometraggio. E a guardar bene, la storia raccontata dal giovane autore è una commistione tra commedia verace, realismo magico ed impostazione da graphic novel.
Insomma, un film assolutamente da recuperare, la cui morale è subito chiara: se vi chiedono di far accoppiare il vostro cane, diffidate degli sconosciuti e fatevi i fatti vostri.
Su Tim Vision