Turchia, paese devastato dagli attentati terroristi
Constantinopoli, come veniva chiamata un tempo, oggi Istanbul, è una città straordinaria e meravigliosa. Meta turistica invasa da milioni di visitatori da tutto il mondo ogni anno, offre una vastità storica impressionante. L’unica al mondo estesa tra due continenti (Europa e Asia), una caratteristica che gli è valsa il soprannome di “porta dell’Asia” ma non solo. Questa estensione rappresenta molto altro. Più che porta dell’Asia funge da accesso all’Europa per i combattenti del sedicente Stato islamico. Una peculiarità geografica che in teoria, ha limitato le azioni terroriste dell’ISIS sul suo territorio. Eppure, i molti e ripetuti attentati avvenuti in Turchia negli ultimi mesi sono spesso attribuiti all’ISIS che ne ha rivendicato solo uno.
Il 1° gennaio del 2017, durante la notte di capodanno, una sparatoria avvenuta in una discoteca nel versante europeo di Istanbul ha provocato la morte di 39 persone e 65 feriti. Il presunto attentatore, Abdulkadir Masharipov, di nazionalità uzbeca è stato arrestato dalle forze speciali turche in un appartamento di Esenyurt, nella periferia. Il suo nome in codice era: Abu Muhammed Horasan. L’attentato è solo uno degli ultimi colpi di una lunga serie di attacchi attribuiti alla ribellione curda o all’autoproclamato califfato. Questi attentati hanno scosso la Turchia da un anno e mezzo. Hanno causato la morte di oltre 400 persone.
Il primo attentato attribuito all’ISIS è datato 20 luglio 2015 ed è avvenuto a Suruç. In questa città di maggioranza Curda, situata nei pressi della frontiera siriana, un’esplosione che ha interrotto un raduno di studenti, volontari e giovani socialisti ha provocato la morte di 33 persone ferendone un centinaio. L’attentato di Suruç è il primo di una serie di attentati attribuiti, dalle autorità turche, allo Stato islamico, senza essere tuttavia rivendicato dall’organizzazione jihadista. Il 10 ottobre 2015, nella capitale Ankara, un attentato suicida ha ucciso 102 persone e più di 500 persone. Si tratta dell’attentato più sanguinario nella storia della Turchia. Un altro attacco, il 28 giugno 2016, a Istanbul è stato attribuito all’ISIS senza essere rivendicato. Il luogo è stato l’aeroporto internazionale Ataturk, dove 47 persone sono morte in un triplice attentato suicida.
MOLTI ATTENTATI MA L’ISIS NE HA RIVIDENCIATO SOLO UNO
L’assenza di rivendicazione si spiega con il fatto che l’ISIS “non vuole dare l’impressione di minacciare la Turchia la quale rappresenta il suo unico legame con il mondo”, spiega il cronista turco Kadri Gürsel al sito di informazione Slate. Tuttavia, questa strategia di comunicazione è cambiata il 4 novembre 2016. L’ISIS rivendica quel giorno, per la prima volta in Turchia, un attentato a Diyarbakir, che ha ucciso 9 persone, tra i quali due poliziotti. Eppure, questo attacco è stato rivendicato anche dal TAK un’organizzazione terrorista curda.
Questo cambiamento testimonia l’evoluzione delle relazioni tra la Turchia e l’ISIS. Per molto tempo, Ankara ha lasciato i combattenti dell’organizzazione attraversare le sue frontiere prima di attaccare frontalmente il nemico. Nel 2016 l’ISIS non ha cessato di essere ritenuto direttamente responsabile degli attentati suicidi di Istanbul avvenuti il 12 gennaio (12 turisti tedeschi uccisi) o il 19 marzo (quattro turisti uccisi, di cui tre israeliani e un iraniano e trentasei feriti). L’attentato più grave in termini di perdite umane è stato quello di Gaziantep (nel sud est del paese), durante un matrimonio, 57 persone, tra le quali 34 bambini, sono stati uccisi e altre 100 ferite. Il kamikaze che portava una cintura esplosiva, era un adolescente di 14 anni.
IL CONFLITTO CURDO ALL’ORIGINE DI MOLTI ATTENTATI
La Turchia non è colpita soltanto dal sedicente stato islamico ma anche dal partito laborista del Kurdistan (PKK). La ripresa del conflitto Curdo nel 2015 ha portato organizzazioni indipendenti curde a compiere stragi attraverso attentati. Gli attacchi che mirano alle forze dell’ordine oppure l’esercito, sono spesso condotti con lo stesso modus operandi, vedi macchina con esplosivo o attentato suicida.
Il peggiore dei colpi inflitti è quello del 10 dicembre: un doppio attentato nel centro di Istanbul in cui sono morte 44 persone e un centinaio rimaste ferite. Una macchina è esplosa nella zona dello stadio del Besiktas un colpo rivendicato dal gruppo estremista TAK. Nel 2016 i TAK hanno rivendicato numerosi attentati, come ad Ankara il 17 febbraio (l’esplosione di una vettura ha ucciso 17 persone) e il 13 marzo (35 morti e più di 120) con un attentato sostanzialmente identico nell’esecuzione.
Il gruppo TAK è classificato come organizzazione terrorista dalla Turchia, gli Stati Uniti e l’Unione Europea. Per Sinan Ülgen presidente del Center for Economics and Foreign Policy, invece, “queste organizzazioni sono legate tra loro”. Il PKK è ugualmente responsabile di diversi attentati nel 2016 proprio sul territorio turco. Uno è stato ufficialmente riconosciuto dal gruppo, quello di Gizre, il 26 agosto, mentre 11 poliziotti sono stati uccisi a causa di un attentato di fronte a un posto di blocco. Altri due attentati sono attribuiti alla stessa organizzazione.
L’ASSASSIONIO DELL’AMBASCIATORE È ATTRIBUITO A UNA RETE DI FETHULLAH GULEN
Prima della strage di capodanno nella discoteca Reina, il precedente attentato in ordine cronologico è stato quello nei confronti dell’ambasciatore russo in Turchia, Andrei Karlov, ucciso da un poliziotto turco che ha affermato di voler vendicare il dramma della città in Aleppo in Siria.
Il poliziotto in questione, Mevlut Mert Altintas, ucciso qualche istante dopo aver commesso il suo crimine, sarebbe, secondo il presidente Erdogan, membro della rete di Fethullah Gülen, un predicatore rifugiatosi negli Stati Uniti e nemico del presidente turco. Lo stesso Gülen è ugualmente accusato di aver orchestrato il fallito golpe dello scorso luglio.