Piazza dei Navigatori e la (finta) coscienza collettiva

Roma, 22 marzo 2018 – Con ventiquattro voti favorevoli e cinque contrari, è stata approvata in Campidoglio, lo scorso 20 marzo, la nuova delibera riguardante Piazza dei Navigatori. Nello specifico, la 30/2018 “Piano di Assetto e di Riqualificazione Urbana degli ambiti di Piazza dei Navigatori e Viale Giustiniano Imperatore”, vedrà sorgere nell’attuale quadrante destro della piazza, quello opposto all’edificio originario di Cesare Pascoletti ed attualmente “impegnato” da un autolavaggio, da un circolo bocciofilo e da un ristorante, un nuovo fabbricato di tredici piani: un palazzone in cemento e vetro che stravolgerà non solo l’aspetto della piazza, ma decreterà la fine di tutte le attività produttive preesistenti: a nulla è valso, per altro, l’emendamento proposto in sede di consiglio dal consigliere Pd Antongiulio Pelonzi, e sottoscritto dai consiglieri Cristina Grancio (M5S), Andrea De Priamo (Fratelli d’Italia) e Stefano Fassina (Sinistra x Roma), che ne richiedeva la ricollocazione, a garanzia dunque delle pluridecennali attività private del territorio: la maggioranza, guidata dall’assessore Luca Montuori e dalla presidente della Commissione Urbanistica Donatella Iorio, ha respinto ciascun emendamento presentato dall’opposizione (tredici in totale) non rispondendo a nessuna delle richieste di motivazione da parte dell’assemblea. Un atteggiamento quantomeno singolare da parte di una compagine politica che ha fatto del dialogo, della rappresentanza, della “democrazia partecipata e coscienza collettiva” il proprio punto di forza nel proporsi agli elettori, ma che dimostra, atto dopo atto, di perseguire un’unica rotta, ben lontana dall’interesse pubblico e da quella partecipazione e ascolto tanto osannati in campagna elettorale. Se quanto mostrato in aula Giulio Cesare sarà replicato in parlamento, ci sarà da preoccuparsi per le sorti della democrazia, in senso stretto: non hanno dimostrato rispettare infatti, i “compagni grillini”, quel principio di dialogo e confronto per cui principalmente nasce un’assemblea consiliare, politica, amministrativa. Il gruppo maggioritario si è dimostrato difatti sordo e disinteressato alle richieste di dialogo, chiarimenti, delucidazioni (in altre parole venirsi incontro, ovvero il gioco dell’assemblea democratica) da parte dell’opposizione, nonché alle urla di protesta dei cittadini presenti in aula, invitando anzi le forze dell’ordine ad intervenire sulle voci dissidenti, mostrando sfumature di anacronistico assolutismo regio (ci sarebbe da confidare per le sorti nazionali, a questo punto, nel democratico Matteo Salvini).
– PREGIUDIZIALI ALLA DELIBERA, AGGIRATA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO
A nulla sono valse, per altro, le due questioni pregiudiziali poste in apertura di assemblea dai consiglieri Grancio, De Priamo e Fassina: la prima, in riferimento ai certificati di agibilità necessari alla vendita dei due stabili alla Immobiliare Confcommercio, e solo in seguito ai quali il comune entrerebbe in possesso dei famosi 16,9 milioni di euro (pur essendo trenta milioni, la cifra originaria in opere pubbliche a cui la vecchia convenzione costringeva i costruttori): nello specifico, la Grancio si è appellata alla Sentenza del Consiglio di Stato (n. 5450 del 2012) avente ad oggetto proprio gli immobili già realizzati in capo alla vecchia convenzione del 2004 (ottenuta, ricordiamolo, sul rilascio di fideiussioni non valide, ovvero false ), i due edifici (comparto Z1 e Z2) già esistenti ed inutilizzabili perché inagibili, di proprietà di Acqua Marcia immobiliare; la vendita degli stessi, non sarebbe possibile dunque in assenza del preventivo rilascio dell’agibilità per gli stessi immobili e la sentenza chiarisce che “i fabbricati non possono essere procedimentalmente e funzionalmente disgiunti dalla realizzazione delle relative opere di urbanizzazione previste nella convenzione del 2004” , opere di urbanizzazione ad oggi mai realizzate. Come pretenderebbe dunque il comune, di rientrare di tale cifra attraverso una vendita ostacolata da un mancato rilascio dell’agibilità pur legato alla realizzazione di alcune opere pubbliche attuabili solo a seguito della stessa vendita? Ricordiamo, nessun immobile, privato o pubblico, può esser venduto senza questa certificazione e la stessa non può rilasciarsi, come suggerito dagli Uffici Tecnici, solo per una parte del fabbricato (come a dire, di un palazzo di tredici piani, solo il terzo piano risulterà agibile). “I titoli edilizi all’epoca rilasciati per gli edifici oggi già realizzati, hanno quale presupposto l’adempimento delle obbligazioni contenute nella convenzione del 2004, quelle opere urbanistiche previste, e non altre, sono la premessa della convenzione e della sostenibilità urbanistica degli edifici come espressamente confermato nella sentenza citata” – riferisce la Grancio nel suo intervento – “La Sentenza del Consiglio di Stato impone dunque la preventiva realizzazione delle opere pubbliche che rimane un’obbligazione inscindibile dai fabbricati che andrà preventivamente adempiuta per poter ottenere l’agibilità”.
La consigliera quindi si interroga sul perché non si possa sospendere il procedimento e su quali sarebbero i diritti edificatori maturati, pur legati alla realizzazione di opere pubbliche, sui quali non si possa tornare indietro rispetto all’operato delle precedenti amministrazioni. Dunque, sarebbe formalmente e giuridicamente insostenibile l’ipotesi pur prospettata dalla delibera, di un contestuale rilascio dei certificati di agibilità alla sottoscrizione della nuova convenzione, anche se rilasciati per “stralci funzionali”, evidentemente non previsti dalla convenzione del 2004: una palese violazione della Sentenza del Consiglio di Stato, spregiudicatamente aggirata dalla delibera approvata ed immediatamente eseguibile.
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PREGIUDIZIALE FASSINA: GIUDIZIO PENDENTE SU PROPRIETA AREE
Ci ha provato anche Stefano Fassina a fermare i pentastellati e salvare Piazza dei Navigatori, proponendo una seconda pregiudiziale relativa alla dubbia proprietà delle aree (particelle 1538 e 1540) ove sorgerebbe il terzo edificio di tredici piani (dove oggi insistono l’autolavaggio, la bocciofila ed il ristorante): “Ritengo giusto ascoltare la voce delle persone che abitano quel territorio e che in tanti anni hanno seguito una vicenda così importante” dichiara il consigliere “C’è un contenzioso civile in corso che riguarda due particelle in particolare, che risulterebbero ancora di proprietà Ater” continua Fassina “l’eventuale conferma da parte del tribunale che la proprietà non è in capo ai costruttori potrebbe compromettere la realizzazione delle opere pubbliche, per questo chiediamo una sospensione del provvedimento”. Fassina fa riferimento alla vicenda del contenzioso che vede coinvolti Ater, Inps (ex Inpdap) e ditta Federici e Igliori spa per la proprietà delle due particelle: pur essendo noto agli uffici del dipartimento PAU il contenzioso in corso, è attestato nell’istruttoria della delibera approvata (quindi formalmente riconosciuto, con tanto ti timbri e carta intestata degli uffici comunali) la proprietà delle suddette particelle alla Federici e Igliori, sebbene la stessa sia ancora incerta e nonostante l’Avvocatura del Comune di Roma si sia espressa in direzione d’una probabile proprietà in capo all’Ater Roma, come attesterebbe per altro, il famoso verbale di consegna del 1961 in seguito al quale il comune di Roma piantò ventitré platani ancora oggi esistenti: si tratterebbe dunque di demanio pubblico comunale.
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UN EMENDAMENTO PER SALVARE LE ATTIVITÀ PRODUTTIVE
Nonostante le calorose proteste da parte dei cittadini, che hanno accusato l’assemblea di aver invertito gli ordini del giorno così da avere meno pubblico, si è proceduto alle votazioni degli emendamenti e dunque della stessa delibera: approvate le proposte a firma Iorio e Sturni per l’eventuale cambio di destinazioni d’uso e la partecipazione dei cittadini all’attività programmatica d’investimento delle somme nel municipio: si tratterà in realtà di cittadini “selezionati casualmente da Roma Capitale tra i residenti” che potranno organizzare le proposte “da sottoporre a consultazione online”: immaginiamoci dunque una piattaforma Rousseau o simile, che produca contenuti sui quali i cittadini selezionati saranno chiamati ad esprimersi su quegli interventi che “potrebbero essere realizzati dall’amministrazione”. Respinto invece, l’emendamento numero tredici che proponeva la ricollocazione delle attività produttive interessate dalla convenzione, di cui non vi è traccia nella delibera, sul quale sempre Fassina ha espresso la propria dichiarazione di voto, favorevole: “Si tratta di attività produttive che sono parte integrante dell’identità di quel territorio, andrebbero tutelate. Chiediamo la motivazione di tanta brutalità”. In difesa dell’emendamento si è espresso anche il consigliere De Priamo: “Garantire la ricollocazione delle attività private presenti nell’area interessata dalla convenzione. Doveroso rispettare il lavoro di chi ha un’attività da tanti anni; ci sembra paradossale che sia questo considerato un emendamento da bocciare, non si ritiene utile tutelare le attività di lavoro del quartiere”.
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PROSPETTIVE PER IL TERRITORIO ED ELEZIONI MUNICIPALI
La delibera su Navigatori giunge per altro all’indomani della decisione, da parte del prefetto, di richiamare alle urne i cittadini dell’ottavo municipio entro il prossimo quindici giugno. Verrebbe da chiedersi cosa diranno a quelle persone gli stessi cinquestelle che hanno ignorato le loro istanze.
Una vicenda sicuramente dolorosa per il territorio e per quei cittadini che vedranno piombarsi addosso ulteriori tredici piani di malefatte, che si trascina da oltre dieci anni e che ha visto cadere la giunta municipale grillina esattamente un anno fa’: era il 16 marzo del 2017 quando il presidente 5 stelle dell’ottavo municipio Paolo Pace, successivamente passato in Fratelli d’Italia, rassegnava le proprie dimissioni: perdeva difatti l’appoggio della sua squadra proprio per le
differenti vedute su alcune questioni urbanistiche, tra cui piazza dei Navigatori ed il piano di riqualificazione degli ex mercati generali. La maggioranza municipale, all’epoca, si mostrò compatta nell’osteggiare la speculazione edilizia tanto da rimettere il mandato: una “figuraccia” per la Sindaca e l’intera giunta. Eppure non sembrano aver imparato la lezione i cinquestelle, seppur siano già a lavoro per la costituzione della squadra da presentarsi alle prossime elezioni municipali. Nulla di strano, che persino la formazione eletta a giugno del 2016 e caduta a marzo del 2017 si prepari ad affrontare l’imminente tornata elettorale, se non fosse che i punti che hanno portato alla spaccatura del gruppo ed alla fine di quel governo, ovvero questioni di urbanistica, rappresentino ancora oggi dei nodi irrisolti, degli argomenti taboo, delle ferite aperte sulla pelle dei cittadini, brutalmente ignorati da chi si professava “portavoce” del popolo.
In attesa di conoscere i candidati al governo del Municipio VIII, non resta che ringraziare la giunta Raggi per l’ennesima operazione di speculazione edilizia sulle spalle del territorio.