Manifestazione #StopTTIP. Europa USA e getta?
“Per denunciare i rischi per i diritti del lavoro, per l’ occupazione, per la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, per i servizi pubblici e lo stato sociale, insiti nell’accordo di partenariato”, con questo intento la Cgil ha voluto organizzare la manifestazione di ieri a Roma, contro il TTIP che porta con sé queste motivazioni e una negoziazione tra UE e USA che lascia poco spazio a buone speranze.
Per questo, per le serie difficoltà in qui questo Paese versa, per i drammi che la politica sta facendo vivere in ambito lavorativo a molti cittadini, in migliaia ieri sono scesi in piazza e tra le strade della capitale per portare la loro voce e il dissenso comune per l’accordo TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership).
Oltre 200 organizzazioni presenti tra i manifestanti che sono partiti da Piazza della Repubblica a Piazza San Giovanni; presenti anche la Camusso, segretario della Cgil e Maurizio Landini della Fiom.
L’oggetto in questione è composto da una serie di accordi commerciali che prevedono il libero scambio tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti: aprire i nostri mercati agli imprenditori o meglio, investitori statunitensi. Ma questi accordi perché non piacciono a sindacati, imprenditori e lavoratori del Bel Paese?
Sembrerebbe innanzitutto che a rimetterci siano in primis i nostri prodotti ed in particolar modo quelli a marchio DOP, quindi quei prodotti che hanno fatto e rappresentano l’eccellenza in particolar modo in Italia.
Gli avversi al TTIP sembrano aver ben capito che con questi provvedimenti, i nostri DOP e DOC che sono ora circa 1500 prodotti, con le nuove normative passerebbero a circa 200, di cui solo 41 italiane e allora accadrà?
Avremmo gli Italian Sounding, prodotti “fasulli”, con parole, immagini e componenti del nostro Made in Italy che “profanano” l’originale e non si avrebbero interventi anzi solo un’invasione di questi prodotti.
Il corteo che si è riunito ieri, con migliaia di persone e colori diversi delle bandiere di associazioni e sindacati differenti, gridava STOP TTIP perché questi accordi avrebbero sull’economia, sui mercati e anche sulle tavole italiane ed europee, conseguenze catastrofiche; si consente così l’importazione di carne bovina, suina e pollame statunitense insieme al latte ad esempio, tutti prodotti che hanno visto nel tempo e con continue conferme, riconoscersi il marchio di eccellenza in Europa.
Ora invece il TTIP può fare del male all’Europa soprattutto in campo alimentare, primo fra tutti perché i prodotti Usa seguono normative che prevedono controlli differenti e minori rispetto a quelli europei; essi ad esempio per gli allevamenti possono utilizzare gli ormoni per la crescita degli animali, cosa vietata da noi.
Il “partenariato” transatlantico, che si è avviato già agli inizi del 2013, favorirà il libero scambio e entro una “zona libera” aperta con la firma del Paese e gli Stati Uniti, non esisteranno vincoli o limiti normativi prima vigenti, come nei casi e negli esempi sopracitati.
Quello che porta allora sindacati e lavoratori a manifestare con slogan come “#StopTtip l’Europa non si Usa”, è la consapevolezza che con questa liberalizzazione dei mercati e degli scambi, le conseguenze per i diritti e tutele del lavoro acquisiti con fatica, salute, ambiente e obiettivi sociali, saranno ora destinati a svanire con questa serie di accordi e l’unico ad essere veramente libero di ampliarsi e muoversi sarà il capitale assoluto e di una sola potenza.
Un popolo correttamente informato sui fatti, su cosa questi accordi siano, a cosa e a chi giovino davvero, può allora decidere di reagire, appoggiare o opporsi ai provvedimenti, in alternativa però può sempre subire la potenza “famelica” di chi sa dove orientare i propri interessi.