Primo giorno di AstroSamantha nella Stazione Spaziale Internazionale

«Ciao Samantha son la mamma», sono queste le prime parole per Samantha Cristoforetti, la madre sulla Terra e lei in orbita sulla Stazione Spaziale Internazionale ((ISS). Una Samantha radiosa e serena, circondata dai suoi colleghi altrettanto sereni e allegri, con quel cibo a svolazzare in assenza di gravità, inseguito con le posate o con le mani: «Qui ci hanno accolti con una cena, o forse un pranzo, o la colazione, non saprei ma è tutto bellissimo». Il primo pasto dopo le sei ore di volo a ventottomila chilometri all’ora necessarie per l’aggancio della Soyuz, un aggancio perfetto, da manuale. A guardarla e sentirla ora sembra tutto così bello e invidiabile. Quel sorriso che nasconde la tenace corazza e la consapevolezza necessarie per arrivare a raggiungere un traguardo come questo fatto di studio, tanto, preparazione, lunga, fatica, molta, e uno spassionato desiderio. A legger la sua storia personale sembra proprio che il suo destino fosse scritto nelle stelle, quel cielo limpido e luminoso che l’affascinava sin da piccola, lei che non ha paura perché «non si può avere paura di qualcosa che si è desiderato tanto», un sogno fatto non di parole ma della concretezza di tutti i passi che servono per raggiungerlo. E si vede quando il suo volto compare per primo nel passaggio dalla navicella all’ISS. C’è da commuoversi, c’è luce in quegli sguardi e si respira quella complicità di chi sta facendo la sua parte in un cammino comune, l’Equipaggio 42 (composto anche da due colleghi americani e tre russi, tra cui un’altra donna); non solo per sé stessi ma per tutta l’umanità. Una stazione spaziale internazionale fa ben comprendere come tante lingue e tante Nazioni, non siano che una molteplice espressione di un unico volto: l’Uomo. La Missione Futura dell’Agenzia Spaziale Italiana, che ha ufficialmente preso il via con l’arrivo della nostra astronauta, prevede ben duecento esperimenti, di cui dieci interamente italiani; fra questi uno sarà sui disturbi del sonno, con l’utilizzo di microsensori per studiare i dannosi microrisvegli che affliggono chi è nello Spazio, uno sull’adattamento del cervello nella guida dei movimenti in assenza di peso e un altro sulla perdita di calcio mentre si è in orbita, utile per lo studio dell’osteoporosi.
«Vado con tutta me stessa, con tutto quello che sono e di cui ho fatto esperienza, e porto certamente con me ogni persona che ho incontrato», come la sua famiglia, gli amici e gli insegnati, insomma «tutte le numerose persone che mi hanno aiutata ad arrivare a questo giorno, sostenendomi o mettendomi alla prova, insegnandomi qualcosa o semplicemente essendo lì per me» aveva detto prima di partire. Ora vuole condividere la sua esperienza «con tutti gli italiani che amano il cielo» tramite il suo diario di bordo: «Seguitemi su avamposto42» e il suo account Twitter «@AstroSamantha».
Quando è stata selezionata dall’Agenzia Spaziale Europea nel 2009, come Luca Parmitano, i candidati erano ben ottomila, un’emozione grandissima e un traguardo raggiunto con un curriculum di tutto rispetto: Laurea in Ingegneria Meccanica all’Università di Monaco perché alle donne non era concessa la carriera militare, dopo la laurea può finalmente accedere al concorso per l’Accademia di Areonautica di Pozzuoli perché nel frattempo le cose sono cambiate e «mi piaceva moltissimo l’idea di volare», brevetto di pilota militare in Texas, parla perfettamente inglese, francese, tedesco e russo oltre all’italiano. Eppure l’animo è ancora quello del meravigliarsi: «È andato tutto benissimo, abbiamo già avuto delle viste spettacolari. Terry (l’americano Terry W. Virts ndr) mi ha fatto vedere la prima alba e ci ha fatto spegnere le luci per vedere le stelle. E poi i pannelli solari che si illuminano di un colore arancione con la luce del sole. Fantastico». Alla domanda fatta dalla madre: «È come te lo sognavi?», lei risponde: «Molto meglio per adesso». E per chi cercasse il significato fondamentale della Vita, dell’Universo e di tutto quanto, da lassù Samantha replica che «la risposta è 42», parafrasando la «Guida galattica per gli autostoppisti» di Douglas Adams, unica risposta dopo una lunga elaborazione del supercomputer chiamato «Pensiero Profondo» costruito proprio per trovare una soluzione a quella domanda.
Paola Mattavelli
25 novembre 2014