Fake news su pensioni e vitalizi per alimentare gli istinti antipolitica
In queste settimane hanno avuto ampia diffusione articoli di note testate che hanno riportato notizie false e ingannevoli su vitalizi che maturerebbero i parlamentari prima della data delle elezioni. Così si crea un'ulteriore frattura tra politica ed elettori.

La caduta dell’ennesimo governo, lo scioglimento delle Camere e l’indizione delle elezioni anticipate lasciano il Paese in una situazione di forte instabilità, mentre vanno affrontate e gestite importanti sfide ed emergenze.
Con il voto a settembre, c’è il rischio di non avere un Parlamento pronto per approvare la prossima legge di bilancio, ossia il provvedimento economico più importante dello Stato da cui dipendono i conti pubblici dell’Italia per l’anno successivo. I tempi sono stretti ed è fondato il timore dell’esercizio provvisorio.
Uno scenario complicato che dovrebbe riportare tutti alla responsabilità, a partire dai mezzi di informazione sempre tenuti a verificare i fatti che rendono pubblici.
Invece, in un clima già teso, si rincorrono notizie false e non veritiere che non fanno altro che aizzare gli elettori contro la classe politica, già destinataria di una forte sfiducia viste le dinamiche a cui talvolta dà modo di assistere. Da ultimo, quelle incomprensibili che hanno portato alla caduta dell’esecutivo Draghi.
Da settimane, appena apparso lo spettro delle elezioni anticipate hanno incominciato a proliferare articoli giornalistici sulla imminente maturazione di vitalizi e trattamenti pensionistici dei parlamentari, con il chiaro intento di montare il sospetto che la data del voto sarebbe stata prevista in modo da garantire ogni spettanza agli eletti.
Maturazione del diritto alla pensione
L’insinuazione veicolata da molti media si riferiva alla data delle elezioni, che sarebbe stata scelta per consentire la maturazione della pensione dei parlamentari al loro primo mandato, che scatta dopo 4 anni, 6 mesi e un giorno di legislatura, poi percepibile al compimento dell’età pensionabile: 65 anni per chi ha terminato un mandato, età che diminuisce per ogni anno di mandato ulteriore con il limite a 60 anni.
Il 24 settembre era la data di riferimento per l’acquisizione del diritto al futuro assegno previdenziale, va da sé che la fissazione dell’election day al 25 settembre ha in qualche modo favorito questa narrazione dei giornali.
Oltretutto per dare maggiore enfasi alla notizia e sollecitare ulteriormente l’ira dei lettori, molte testate hanno affermato che i parlamentari avrebbero ottenuto non una pensione ma il cosiddetto vitalizio, vale a dire una rendita sottoposta a un regime particolarmente privilegiato.
Come non indignarsi di fronte a tanto? Tuttavia, si è trattato di notizie false e distorte.
Innanzitutto, anche a Camere sciolte, la legislatura continua sino al giorno che precede la prima seduta del nuovo Parlamento, il 12 ottobre. Il che significa che il diritto previdenziale verrebbe maturato anche se le elezioni si svolgessero prima del 24 settembre.
I vitalizi sono stati aboliti
Va poi chiarito che i trattamenti attribuiti sono delle pensioni e non dei vitalizi. Questi ultimi sono stati aboliti nel 2012 (con la deliberazione del Consiglio di Presidenza del Senato del 31 gennaio 2012 e con la deliberazione dell’Ufficio di Presidenza della Camera del 30 gennaio 2012). Ed è stato introdotto, a partire dal 1° gennaio 2012, un trattamento previdenziale basato sul sistema di calcolo contributivo, come previsto per gli altri cittadini, che consente di ricevere una pensione proporzionata ai contributi versati. Vi è però un elemento peggiorativo che regola queste pensioni: se i parlamentari non raggiungono il periodo necessario per maturare il diritto, perderanno tutti i contributi versati fino ad allora, in quanto non sono trasferibili su altre casse previdenziali.
Indennità e pensione come espressione di democrazia
In alcuni racconti giornalistici, altro aspetto che appare discutibile è la rappresentazione del diritto alla pensione dei parlamentari come un beneficio inammissibile.
Esiste una precisa logica che ha portato all’attribuzione di un assegno pensionistico a chi svolge il mandato parlamentare, del tutto analoga a quella per cui è conferita un’indennità: permettere a tutti i cittadini di accedere alle cariche rappresentative a prescindere dalle loro condizioni economiche. Risponde dunque a un principio di democrazia. In mancanza di questi emolumenti, potrebbero fare politica ed entrare in Parlamento solo persone particolarmente benestanti.
Ciò detto, non si possono negare alcuni abusi avvenuti in passato rispetto ai trattamenti economici goduti dai parlamentari. E ancora oggi sarebbe necessario rivedere alcuni criteri che regolano la materia e garantire una maggiore chiarezza sulle somme che gli spettano, anche separando l’indennità dalle risorse che vengono riconosciute per l’esercizio del mandato.
Chi pretende di fare informazione non può diffondere notizie menzognere – agevolmente verificabili – violando basilari principi di deontologia professionale e creando un’ulteriore frattura tra i cittadini e la politica.
Oltretutto queste fake news su pensioni e vitalizi dei parlamentari sono state riprese non solo da fonti giornalistiche minori, considerate già avvezze a diffondere informazioni non attendibili, ma anche dalle testate più note e seguite.
Ci sarebbe un ampio dibattito da aprire sulle iniziative di riforma di cui hanno bisogno le istituzioni e i partiti italiani. Invece un certo giornalismo preferisce ricorrere ai soliti cavalli di battaglia populisti sulle spettanze economiche che ricevono i membri del Parlamento, contribuendo ad alimentare la disaffezione per la politica e l’astensionismo alle urne.