Elezioni Francia: senza maggioranza assoluta governabilità a rischio
Il sistema politico-istituzionale francese che si regge sul modello semipresidenziale è da sempre stato elogiato, soprattutto rispetto alla sua capacità di assicurare una maggioranza assoluta al Capo dello Stato. Ma il risultato delle recenti elezioni legislative, che lascia il presidente Macron privo di quella maggioranza che gli assicura la governabilità, dimostra che non c’è assetto istituzionale che tiene di fronte ad una crisi dovuta alle forti divisioni che esistono nella società civile.

Dopo essere riuscito ad ottenere un secondo mandato da presidente della Repubblica, Emmanuel Macron ha subito una dura sconfitta alle elezioni legislative dello scorso 19 giugno. Adesso è in forte dubbio la sua capacità di governare il Paese e realizzare le riforme che aveva promesso.
Con il 38,48% delle preferenze, sono stati attribuiti 245 seggi (su 578) alla coalizione del presidente, ben al di sotto dei 289 seggi indispensabili per avere la maggioranza assoluta nell’Assemblea nazionale. Sono 131 (31,76%) i seggi andati alla coalizione di sinistra, la nuova unione della gauche (Nupes), guidata da Jean-Luc Mélenchon della France Insoumise. Mentre la destra di Ressemblement National con la leader Marine Le Pen si attesta come terza forza in Parlamento per numero di eletti, potendo contare su 89 seggi (17,2%). Segue il partito Les Républicains a cui sono stati assegnati 61 seggi (7,25%).
L’importante risultato dell’alleanza di sinistra e il traguardo sorprendente della destra estrema, mai emersa alle legislative, hanno drasticamente indebolito la posizione del Capo dello Stato che dovrà tentare accordi e negoziazioni per poter guidare il Parlamento.
Queste legislative hanno determinato uno scenario inedito. È la prima volta, infatti, dopo venti anni, che il presidente della Repubblica francese non ha raggiunto la maggioranza assoluta in Assemblea.
Le analisi sul voto e sullo stato di ingovernabilità che si è determinato hanno perciò aperto un dibattito strettamente legato al funzionamento dell’assetto istituzionale francese. Ci si interroga dunque su quanto abbia influito il semipresidenzialismo – che mette insieme elementi del sistema parlamentare e del sistema presidenziale – nei risultati delle elezioni legislative.
Per approfondire questi aspetti, ne abbiamo parlato con il Dott. Alessandro Gigliotti, cultore di diritto costituzionale presso l’Università di Roma “La Sapienza”.

Le elezioni legislative delle scorse settimane sembrano segnare una crisi irreversibile delle istituzioni francesi. È la fine di un mito? Il sistema semipresidenziale riuscirà a reggere il colpo?
«Le elezioni legislative hanno registrato, per la prima volta dalla riforma costituzionale voluta da Chirac nel 2000, una mancata coincidenza tra maggioranza presidenziale e maggioranza parlamentare. Questo è il dato sostanziale. Quindi non si può negare che il meccanismo istituzionale si sia inceppato. Tocca capire se si tratti di un mero incidente di percorso o se, invece, queste elezioni siano un sintomo di un problema ben più radicato.»
In cosa consisteva, in dettaglio, la riforma costituzionale del 2000?
«La riforma ha ridotto la durata del mandato presidenziale da 7 a 5 anni, con l’obiettivo di adeguarla alla durata della legislatura. Non solo: fu anche modificato il calendario elettorale, in modo da anteporre le elezioni presidenziali a quelle legislative e consentire un effetto traino delle prime sulle seconde: la cosiddetta “luna di miele”. In questo modo, si sono ridotte notevolmente le probabilità di una discrasia tra maggioranza presidenziale e maggioranza parlamentare, meglio nota come “cohabitation”, situazione nella quale il Primo ministro è espressione della maggioranza parlamentare e non già dell’Eliseo. Il che significa che il Presidente, di fatto, non governa».
E infatti da quel momento in poi, il Presidente ha sempre goduto di ampia maggioranza presso l’Assemblea nazionale.
«Esattamente, dal 2002 in poi in tutte le tornate elettorali il Presidente eletto in primavera aveva sempre conseguito un’ampia maggioranza nelle elezioni legislative immediatamente successive, realizzando quindi i presupposti per una dinamica pienamente presidenziale della forma di governo».
Però nel passato più o meno recente ci sono già stati casi di “cohabitation”, senza che ciò abbia determinato problemi gravi.
«In passato, proprio perché le elezioni presidenziali e quelle legislative si svolgevano in anni diversi, è capitato che vi fossero esiti differenti e si desse luogo alla “cohabitation”. Una è addirittura durata cinque anni, dal 1997 al 2002, inducendo non a caso il Presidente Chirac a promuovere la riforma di cui abbiamo detto. C’è però un altro dato: in precedenza, le coabitazioni erano frutto di una maggioranza parlamentare di segno opposto a quella presidenziale. Oggi invece la situazione è diversa perché non vi è alcuna maggioranza, né di destra, né di centro né di sinistra».
Quindi, al netto del fatto che il presidente Macron non abbia ottenuto una maggioranza, il vero problema è che non esiste una qualsivoglia maggioranza parlamentare?
«Sì, il vero problema è questo. La Francia della V Repubblica è stata caratterizzata da un’alternanza al governo tra gollisti e socialisti, ma negli ultimi anni il bipolarismo è naufragato con la crisi di consensi del Partito socialista. Oggi la coalizione centrista che fa capo al Presidente Macron deve confrontarsi non solo (e non tanto) con i gollisti, quanto con la sinistra radicale e con la Le Pen, che ha ottenuto ben 89 seggi a fronte degli 8 che aveva in precedenza».
Come uscire da questo impasse?
«Probabilmente si dovrà ricorrere ad un governo di coalizione, alle larghe intese insomma, ma non è semplice raggiungere un accordo poiché l’Assemblea nazionale è divisa tra quattro diverse aree politiche difficilmente coalizzabili».
È irrealistico pensare ad un governo di minoranza?
«Molto difficile, perché alla coalizione centrista mancano veramente molti seggi per raggiungere la maggioranza. È vero che i governi in Francia non devono necessariamente ricevere un’investitura fiduciaria iniziale, ma le opposizioni possono pur sempre presentare una mozione di sfiducia ed a quel punto i numeri mancherebbero».
Gli ampi poteri del Presidente non potrebbero in qualche modo supplire?
«Il Presidente francese ha molti poteri, soprattutto in materia di politica estera e difesa, ma non ha, di suo, responsabilità dirette di governo. Riesce ad assumere il ruolo di vertice dell’esecutivo attraverso il Primo ministro, ma solo in presenza di una maggioranza parlamentare favorevole alla linea del Presidente».
Quali insegnamenti potrebbe trarre l’Italia dalle vicende politiche francesi?
«In Italia ci sono tanti estimatori del modello della V Repubblica, date le analogie esistenti fra il sistema politico italiano e quello francese. Tuttavia, l’ingegneria costituzionale non fa miracoli e, pur potendo dare importanti contributi nel favorire un corretto funzionamento delle istituzioni, non può sanare le fratture esistenti nella società civile, che prima o poi vengono a galla, come ha dimostrato questa tornata elettorale in Francia».