Dalle dipendenze strategiche fino al PKK quali sono i motivi del no di Erdoğan all’ingresso Nato di Finlandia e Svezia

Gli eventi degli ultimi due mesi in Ucraina hanno riportato il patto di difesa atlantico Nato al centro del dibattito pubblico come non succedeva da anni. Diversi esponenti della politica ed analisti, prima degli eventi del 24 febbraio, criticavano proprio alla Nato di essere ormai un’alleanza di rappresentanza con un ruolo non ben definitivo sugli assetti geopolitici mondiali. In questi ultimi 60 giorni c’è stato un rovesciamento totale degli equilibri tra Stati, all’ombra di una crisi di risorse strategiche ed una serie di attacchi ibridi che hanno fatto tremare le poltrone di diversi Stati in Europa.
La notizia della domanda di Svezia e Finlandia di voler entrare all’interno della Nato ha confermato che gli Stati oggi hanno timore. E questo lo si coglie proprio nelle due dichiarazioni con cui prima la premier svedese Magdalena Andersson “Se restassimo fuori dalla Nato saremmo molto vulnerabili”, e la capa del governo finlandese Sanna Marin poi “È una Russia diversa, bisogna stare attenti e vigili. Non avremmo preso questa decisione se non avessimo pensato che avrebbe rafforzato la nostra sicurezza nazionale” hanno commentato la richiesta di adesione al patto.
Dall’inizio
E’ l’articolo 10 del trattato del Nord Atlantico a descrivere le condizioni per cui un paese oggi può richiedere l’accesso al tavolo Nato.
“I membri possono invitare previo consenso unanime qualsiasi altro Stato europeo in condizione di soddisfare i principi di questo trattato e di contribuire alla sicurezza dell’area nord-atlantica ad aderire a questo trattato. Qualsiasi Stato così invitato può diventare un membro dell’organizzazione depositando il proprio atto di adesione al Governo degli Stati Uniti d’America. Il Governo degli Stati Uniti d’America informerà ciascun membro del deposito di tale atto di adesione”.
In definitiva quindi, per accedere alla fase di verifica, bisogna essere uno Stato europeo e il candidato che fa richiesta deve essere approvato da tutti i membri che fanno parte del gruppo. Proprio per il secondo punto in questi giorni hanno fatto molto clamore le dichiarazione di Recep Erdogan, schieratosi contro l’ingresso dei due Paesi nella Nato.

“I confini della Nato si estenderanno alla periferia di San Pietroburgo. Benvenuto nella nuova realtà, signor Putin”, ha enunciato Mikhailo Podoliak, il consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Il commento di Podoliak ironizza sull’effetto boomerang che Vladimir Putin ha provocato, con l’invasione dello Stato ucraino e i successivi attacchi alle reti strategiche informatiche di alcuni paesi europei, nonché per la politica serrata sul gas e per le richieste instransigenti di pagare le risorse in rubli.
E’ già successo che la Turchia fosse contraria all’ingresso di un Paese nel patto, quando ha, di fatto, bloccato l’ingresso di Cipro nell’alleanza prorogandola ad un momento futuro in cui la disputa e le divisioni con la Grecia fossero state concluse.
Una questione di dipendenze
Lo scorso mercoledì, dopo settimane di dibattiti e riflessioni interne è arrivato sul tavolo del patto atlantico guidato dagli Usa, la richiesta formale dei due paesi ad entrare nella Nato. Proprio questa richiesta ha portato la compagnia energetica russa nazionale Gasum ad annunciare che da questa mattina avrebbe chiuso definitivamente i rubinetti del gas alla Finlandia. Oggi Finlandia e Svezia guidano l’Europa sul fronte delle rinnovabili. La Finlandia produce una quota lorda di energia rinnovabile per il mercato interno pari al 44%, mentre la Svezia è ancora più in alto, con il 60% di energia rinnovabile. Nonostante questo, la preoccupazione dei due paesi rimane alta, come in tutto il resto dell’Europa.
Se il dibattito pubblico si è concentrato su rinnovabili e nuove rotte per risorse come gas e petrolio, oggi restiamo ancora fortemente dipendenti dalle risorse russe. La questione stessa delle dipendenze future si gioca su un ennesimo tavolo geopolitico. Se la Russia oggi rifornisce l’Europa per quasi il 30% del fabbisogno energetico, la Cina, non dichiarata ma possibile alleata russa nella ridefinizione degli equilibri geopolitici mondiali, appare come la prima produttrice al mondo di componenti elettronici per il mercato delle energie rinnovabili.

I diversi interessi della Turchia
Sul perchè la Turchia si sia impegnata contro l’ingresso di Svezia e Finlandia al tavolo della Nato ci sono due questioni principali. Oggi la Turchia non vuole assolutamente apparire come un paese ostile alla Russia, nonostante all’interno del patto Nato. In primis perchè la Turchia ha una fortissima dipendenza da gas e petrolio russo, ed oggi fortemente frammentata con un’inflazione sopra il 60% ed un mercato interno fortemente instabile.
Non bisogna dimenticare che la Turchia solo tre anni fa è stata sanzionata da Washington per aver stretto affari con il Cremlino attraverso l’acquisto del sistema missilistico russo S400. Appare chiaro quindi che la Turchia, se da un lato non vuole assolutamente che la causa curda entri a far parte dei tavoli Nato, allo stesso modo vuole utilizzare la sua presenza nel patto per dimostrare a Mosca che la sua non è una posizione ostile e non è da considerarsi assolutamente un paese nemico.
Nonostante il PKK sia un movimento politico-militare che combatte per la causa della minoranza curda in Turchia, negli anni ha compiuto diversi attacchi terroristici verso il governo, inglobando diverse volte anche morti di civili. Il presidente turco da anni perseguita il PKK, che da diverso tempo ha trovato rifugio politico in Svezia attraverso alcuni dei suoi più alti esponenti. In più occasioni la Turchia ha chiesto alla Svezia di interrompere le relazioni con il PKK e l’YPG (unità di protezione popolare) che hanno partecipato a diversi programmi di addestramento finanziati anche dalla Svezia per l’addestramento utile a combattere lo Stato Islamico.

Si aggiunge la richiesta mai approvata dai due paesi che il premier turco ha avanzato nel 2019, di rimozione del parziale embargo alla vendita di armi firmato da Svezia e Finlandia poco dopo l’avvio dell’operazione militare turca contro i curdi siriani che stavano controllando un pezzo del nordest della Siria.
L’ultimo punto nella ricerca di dare un senso a questa netta opposizione turca nei confronti di Svezia e Finlandia la si può trovare nelle proiezioni elettorali delle elezioni che ci saranno in Turchia fra meno di un anno. Erdogan corre con un forte svantaggio proprio per le condizioni critiche in cui versa il paese. Di qui l’interesse di Erdogan nell’occupare un posto di rilievo nel prime-time mediatico mondiale mostrandosi un forte leader di opposizione che mantiene, ancora e nonostante tutto, una capacità decisionale e di influenza di alto livello.