In vigore il trattato sulla proibizione delle armi nucleari, ma la Nato non aderisce

Il 22 gennaio 2021 è entrato in vigore il Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPAN), negoziato tra il -2016 e il 2017 nell’ambito dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e siglato da 122 paesi membri dell’Organizzazione. Tuttavia, nessun membro della NATO lo ha firmato.
I negoziati
“Oggi entra in vigore il Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari. Si tratta di un passo importantissimo verso un mondo senza armamenti nucleari. Lancio un appello a tutti i Paesi affinché lavorino insieme per realizzare questa visione, per la nostra comune sicurezza e l’incolumità collettiva”, con questo tweet il Segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha elogiato l’entrata in vigore del Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPAN).
Il TPAN è il primo trattato internazionale legalmente vincolante per la completa proibizione delle armi nucleari, ed ha come fine ultimo quello di eliminarle completamente. Non solo ne proibisce l’uso, ma anche lo sviluppo, la produzione, il possesso, lo stoccaggio, il trasferimento, lo stazionamento, l’installazione e persino la minaccia del loro impiego.
Al negoziato hanno partecipato 129 paesi e 7 organizzazioni internazionali tra cui l’Unione Europea, la Croce Rossa Internazionale e numerose organizzazioni non governative tra cui la International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (ICAN), la campagna insignita del Nobel per la Pace nel 2017 proprio per aver dato un contribuito determinante al TPAN. Dei 196 Stati del mondo riconosciuti sovrani, 66 non hanno partecipato formalmente ai negoziati. Tra questi si distinguono tutti gli Stati – dichiarati o presunti tali – con armi nucleari (Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia, Cina, Israele, India, Pakistan e Corea del Nord) e gli stati parte di alleanze militari che includono la deterrenza nucleare quali gli Stati della NATO (ad eccezione dei Paesi Bassi), la Corea del Sud, il Giappone, e l’Australia. Alla votazione sul testo finale del trattato, il 7 luglio 2017, hanno partecipato 124 paesi, con 122 voti a favore, un voto di astensione (Singapore) e un voto contrario (Paesi Bassi).
Con queste parole Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne per la Rete italiana pace e disarmo, ha celebrato l’entrata in vigore del TPAN: “Da oggi, con le armi nucleari che sono illegali, decidiamo di costruire un mondo più in pace”.
La NATO non supporta il TPAN
Il TPAN non deve però essere confuso con il Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP), in vigore dal 1970, che si prefigge lo scopo di impedire la diffusione delle armi nucleari e della relativa tecnologia e di promuovere la cooperazione per l’uso pacifico dell’energia nucleare. Seppur tecnicamente complementari – il TPAN è stato redatto affinchè fosse compatibile con il TPN – politicamente, tuttavia, sono distanti anni luce. Salta subito all’occhio che mentre il TPN gode della firma di tutte le potenze nucleari e di tutti i paesi europei, il TPAN è stato firmato solo da paesi extraeuropei che non dispongono di un arsenale nucleare.
Con una dichiarazione del 15 dicembre, il Consiglio del Nord Atlantico (NAC), il principale organo politico della NATO, ha dichiarato di non sostenere il TPAN ed ha accusato il nuovo accordo di non essere dotato di un credibile meccanismo di verifica e di destabilizzare il regime di non proliferazione instaurato con il TNP. Secondo l’Organizzazione, il TPAN non creerà le condizioni di sicurezza globale necessarie per eliminare le armi nucleari, al contrario, rischia di creare aspettative irrealistiche, rischiando di vanificare il percorso iniziato 50 anni fa verso la riduzione e l’eliminazione delle armi nucleari. Il NAC ha affermato nel comunicato che il TPAN “è in contrasto con l’attuale architettura di non proliferazione e disarmo, non è coerente con la politica di deterrenza nucleare dell’Alleanza, e non migliorerà la sicurezza di nessun paese”.
La NATO è un’ Alleanza nucleare
La ragione principale legata al dissenso della NATO nei confronti del TPAN sarebbe l’incompatibilità con la natura difensiva dell’Alleanza stessa. La NATO è un’alleanza nucleare, e rimane saldamente ancorata al concetto di deterrenza nucleare. Stando al Consiglio del Nord Atlantico, uno scenario internazionale in cui la NATO non è dotata di armi nucleari non sarebbe più sicuro, in quanto i Paesi membri non sarebbero in grado di difendersi nel caso di aggressione e di prevenire eventuali coercizioni. La dimensione nucleare del Trattato di Washington è stata ufficialmente sancita nel Concetto Strategico del 2010 di Lisbona, dove si legge: “Il Concetto Strategico impegna la NATO all’obiettivo di creare le condizioni per un mondo senza armi nucleari – ma riconferma che, finché ci saranno armi nucleari nel mondo, la NATO rimarrà un’Alleanza nucleare”. È perciò cruciale che gli alleati mantengano una linea di condotta unitaria. Difatti tutti i paesi dell’Alleanza si sono astenuti dal voto, con l’unica eccezione dei Paesi Bassi – che ospita sul proprio territorio ordigni nucleari statunitensi – unico membro ad aver espressamente votato contro.
Al momento, dunque, sussiste una chiara incompatibilità tra l’adesione al TPAN e quella al Trattato di Washington.
L’Italia non ha firmato
L’Italia, membro fondatore della NATO, segue le linee guida dell’ Organizzazione e non aderisce al TPAN. Pur dichiarando di condividere pienamente l’obiettivo di un mondo libero da armi nucleari, tramite un comunicato apparso sul sito del Ministero degli Esteri, ha commentato: “Siamo convinti che l’approccio migliore per conseguire un effettivo disarmo nucleare implichi un pieno coinvolgimento dei paesi militarmente nucleari laddove invece – dal momento in cui è stata lanciata l’iniziativa del Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari – abbiamo assistito ad una crescente polarizzazione del dibattito in seno alla comunità internazionale. Pur nutrendo profondo rispetto per le motivazioni dei promotori del Trattato e dei suoi sostenitori, riteniamo quindi che l’obiettivo di un mondo privo di armi nucleari possa essere realisticamente raggiunto solo attraverso un articolato percorso a tappe che tenga conto, oltre che delle considerazioni di carattere umanitario, anche delle esigenze di sicurezza nazionale e stabilità internazionale”.