Voto di fiducia: al momento un governo di minoranza

L’esecutivo del presidente Conte, ad oggi, è di fatto un governo di minoranza, poiché il voto di fiducia non gli ha conferito la maggioranza assoluta in entrambe le Camere.
Dopo 321 voti favorevoli e 259 contrari alla Camera dei deputati, la votazione di ieri al Senato, come previsto, si è conclusa con un risultato meno rassicurante di 156 voti favorevoli e 140 contrari, lontano quindi dalla soglia necessaria per ottenere la maggioranza assoluta. Nel verdetto sono stati decisivi i 16 astenuti di Italia Viva, il gruppo politico che uscendo dalla maggioranza ha aperto la crisi di governo.
Che prospettive ha il governo?
Per quanto si regga su una maggioranza relativa, il governo ha comunque ottenuto la fiducia del Parlamento e può proseguire il suo cammino. Ma si tratta di un percorso tutto in salita ad iniziare dai lavori nelle commissioni parlamentari in Senato, dove le forze politiche che sostengono l’esecutivo rischiano di mantenere la maggioranza solo in tre commissioni, mentre, per i lavori nelle altre commissioni, comprese quelle alla Camera, la situazione è più complessa. In queste sedi, infatti, si prevedono degli equilibri precari da salvaguardare, di volta in volta, soprattutto, perché saranno determinanti proprio i voti di Italia Viva.
Tra l’altro, il gruppo guidato dal senatore Matteo Renzi, ha addirittura quattro presidenze nelle commissioni permanenti, tra Camera e Senato, quindi con maggiore forza può essere decisivo nei lavori parlamentari.
In sostanza, considerando che il governo resta in piedi grazie all’astensione di un gruppo di parlamentari, dovrebbe tentare un accordo politico anche con questo schieramento, per cercare di lavorare in modo più agevole.
L’obiettivo prioritario adesso è quello di allargare la maggioranza. Non a caso, subito dopo il voto di fiducia al Senato – scampato il pericolo di caduta del governo – il presidente Conte ha dichiarato “Ora rendiamo la maggioranza più solida“.
Si guarda, pertanto, ancora alla possibilità di allargare il gruppo di coloro che nell’ambito di questa crisi hanno deciso di sostenere l’esecutivo, anche in dissenso dal proprio partito. È quanto, ad esempio, ha fatto la deputata Renata Polverini alla Camera, che ha votato Si a Conte per poi lasciare Forza Italia, gruppo con cui ormai da tempo non era più in sintonia.
Posizione del Quirinale
Durante questa crisi, è stato invocato da più parti l’intervento del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che, dal canto suo, ha atteso rigorosamente l’evolversi delle procedure parlamentari.
Al momento, quindi, con l’intervenuta fiducia al governo, non ci sono i presupposti per i quali il capo dello Stato possa convocare e indurre alle dimissioni il presidente Conte.
Resta, però, uno scenario precario rispetto al quale il presidente Mattarella sarà pronto ad intervenire nell’ipotesi in cui venga improvvisamente meno il patto di fiducia tra governo e parlamento.
Intanto, è previsto oggi pomeriggio un incontro tra capo dello Stato e premier, su richiesta di quest’ultimo, che, alla fine di un vertice di maggioranza, si recherà al Quirinale, per riferire sui prossimi intenti dell’esecutivo, per rendere più stabile il consenso parlamentare su cui si regge.
Bisogna, dunque, attendere i prossimi giorni per avere una situazione più chiara sulle sorti del governo. È palese che il voto in Parlamento non ha ancora allontanato il rischio di una crisi ed è una situazione destinata a non cambiare, fino a quando l’esecutivo si reggerà su una maggioranza non autosufficiente.