Gestione migranti e nuovo decreto sicurezza del governo Conte bis

Nel 2020 è stato registrato un netto aumento degli sbarchi di profughi in Italia. Ciò è quanto emerge dagli ultimi dati del Ministero dell’Interno dai quali si evince che, dall’inizio dell’anno al 24 dicembre scorso, sono arrivati sul territorio nazionale circa 34.000 migranti, quasi il triplo rispetto al 2019.
L’Italia, del resto, per posizione geografica, è una delle principali mete dei migranti provenienti per via marittima soprattutto dal continente africano, per entrare nel territorio dell’Unione europea. Inoltre, sebbene destino meno clamore mediatico, sono migliaia all’anno anche gli ingressi via terra di richiedenti asilo sul territorio nazionale, attraverso la cosiddetta rotta balcanica.
Difficile gestione del fenomeno migratorio
I provvedimenti adottati per fronteggiare l’entrata e il trattamento dei migranti, complice anche un quadro normativo complesso e articolato – composto dal diritto nazionale, dal diritto dell’Unione europea e da altri obblighi internazionali – non sempre si sono dimostrati adeguati ed efficaci nel contemperare le esigenze e gli interessi in gioco, con quello primario del rispetto dei diritti della persona.
A ciò si aggiunge che, anche da un punto di vista ideologico, la gestione dei migranti è da sempre un tema profondamente divisivo nella discussione politica, che sollecita forti reazioni dei cittadini, posti anch’essi su contrapposte visioni in merito all’accoglienza.
Già in questa legislatura, abbiamo assistito ad un cambio di approccio al fenomeno, tra il governo nato nel 2018, Lega-M5S, e l’attuale governo, PD-M5S, sotto la medesima guida politica del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.
Proprio di recente, infatti, con il decreto legge n. 130 del 2020, convertito in legge il 18 dicembre 2020, l’esecutivo ha modificato i cosiddetti decreti sicurezza, emessi tra il 2018 e 2019 durante la prima esperienza di governo con la Lega, che avevano introdotto incisive modifiche alla legislazione italiana in materia di asilo, soccorso in mare, cittadinanza e accoglienza degli stranieri.
Principali disposizioni del nuovo decreto sicurezza
Con il nuovo decreto, innanzitutto, viene reintrodotta la protezione umanitaria per i richiedenti asilo, denominata protezione speciale, che era stata eliminata dal primo decreto sicurezza del 2018, tra le forme di protezione che potevano essere riconosciute, insieme all’asilo politico e alla protezione sussidiaria. Pertanto, il permesso di soggiorno per motivi umanitari potrà essere attribuito agli stranieri in caso di particolari situazioni di pericolo, come il rischio di persecuzioni, per le quali il rifiuto o la revoca del permesso non possono essere disposti in conseguenza di obblighi costituzionali o internazionali dello Stato.
Si prevedono molteplici ipotesi in cui alcuni specifici permessi di soggiorno possono essere convertiti in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, ossia i permessi per protezione speciale, calamità, residenza elettiva, acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide, attività sportiva, lavoro di tipo artistico, motivi religiosi, assistenza ai minori e cure mediche.
Per quanto concerne gli interventi di salvataggio in mare, resta la previsione per la quale il ministro dell’Interno, in accordo con il ministro della Difesa e delle Infrastrutture, informando il presidente del Consiglio, può impedire l’ingresso in acque italiane a navi non militari. Ma viene esclusa l’applicazione di questo divieto di transito nel caso in cui le imbarcazioni hanno effettuato soccorsi nel rispetto di convenzioni internazionali e comunicato alle autorità italiane e a quelle del Paese di appartenenza le loro operazioni. La violazione di queste regole da parte delle imbarcazioni può comportare l’irrogazione di multe fino ad un massimo di 50 mila euro e per chi non osserva il divieto di ingresso rimane il rischio di reclusione fino a 2 anni «nel caso in cui ricorrano i motivi di ordine e sicurezza pubblica o di violazione delle norme sul traffico di migranti via mare».
Vengono eliminate le sanazioni amministrative nei confronti delle Ong, compresa la confisca delle navi, che erano state introdotte nel decreto sicurezza bis del 2019.
Altro intervento cruciale del nuovo decreto è l’eliminazione del divieto di iscrizione all’anagrafe per i richiedenti asilo, stabilendo che agli stessi verrà rilasciato un documento di identità valido per tre anni. Questa modifica normativa si è resa necessaria, anche in seguito alla sentenza emessa lo scorso mese di luglio dalla Corte Costituzionale, che ha dichiarato illegittimo il divieto di iscrizione all’anagrafe introdotto dal primo decreto sicurezza, poiché viola l’art. 3 della Costituzione. La Consulta, al riguardo, ha rilevato un’irragionevole disparità di trattamento nell’accesso ai servizi per i richiedenti asilo e l’irrazionalità intrinseca del divieto, poiché non agevola il perseguimento delle finalità di controllo del territorio come dichiarate nel decreto sicurezza bis.
Si reintroduce un sistema di accoglienza ed integrazione (Sai) a cui possono accedere i richiedenti asilo, che, come il precedente (Sprar), viene diffuso sul territorio e gestito dai Comuni.
Ed ancora, il nuovo decreto modifica il testo unico sull’immigrazione del 1998, con l’eliminazione del tetto massimo di ingressi per motivi di lavoro di cittadini stranieri non comunitari, definito annualmente dal decreto flussi.
Infine, per ottenere la cittadinanza, il termine per la conclusione dei procedimenti di riconoscimento per matrimonio e per naturalizzazione, passa da 4 anni a 2 anni, prorogabili fino a 3 anni. Mentre resta la disposizione che prevede la revoca della cittadinanza, nell’ipotesi in cui chi l’ha acquisita commette reati legati al terrorismo.
Queste sono, dunque, le principali modifiche intervenute sui decreti sicurezza del primo governo Conte, che, l’attuale esecutivo, dopo oltre un anno dal suo insediamento, ha introdotto con il recente decreto su immigrazione e sicurezza, diventato legge dopo un iter di esame in Parlamento alquanto dibattuto dai diversi schieramenti politici.