Recovery Fund, Mes, Next generation EU: è davvero chiaro di cosa si tratta?

Per controbilanciare gli effetti socio-economici della crisi pandemica e sostenere gli Stati europei, le istituzioni dell’Unione europea hanno accordato una serie di strumenti, di cui si discute da mesi: Pepp, Sure, Bei, Mes, Next Generation EU, Recovery fund, Recovery plan.
Ma, in un labirinto di acronimi – che, a volte, si prestano a più significati – e posizioni politiche diverse sul merito degli interventi, è difficile pensare che sia davvero chiaro, ai più, di cosa si sta parlando.
Proviamo, quindi, a fare ordine tra le varie misure messe a disposizione dall’UE, superando il dibattito caotico che si è determinato su temi già di per sé complessi.
Pepp, Sure, Bei, Mes
Innanzitutto, nell’ambito della politica monetaria, è stato attivato il Pepp (Pandemic Emergency Purchase Programme), ossia un programma straordinario, con il quale la Banca centrale europea (Bce) si impegna ad acquistare titoli di Stato, ovvero di debito pubblico, emessi dai Paesi europei, con una dotazione complessiva di 1.350 miliardi di euro (inizialmente 750 miliardi). Questo intervento è stato assunto a sostegno, soprattutto, delle quotazioni dei titoli emessi dagli Stati più deboli, tra i quali l’Italia, la cui stabilità è stata particolarmente colpita dalla crisi conseguente al lockdown.
A differenza dei precedenti programmi di acquisto titoli, il Pepp prevede maggiore flessibilità, grazie all’eliminazione di una serie di vincoli sugli acquisti.
La situazione emergenziale inedita ha poi richiesto una risposta anche di bilancio comune, con la programmazione di tre reti di sicurezza: il piano Sure (temporary Support to mitigate Unemployment Risks in Emergency), quello della Banca europea degli investimenti (Bei) e le linee di credito del Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes). Si tratta di misure a sostegno, rispettivamente, dei lavoratori, delle imprese e dei sistemi sanitari nazionali, allo scopo di dare la disponibilità di risorse sino a 540 miliardi di euro, a favore degli Stati membri.
Nello specifico, il programma Sure è lo strumento europeo di sostegno temporaneo per ridurre i rischi di disoccupazione durante l’emergenza sanitaria, che, con una dotazione di 100 miliardi di euro, è volto a supportare i regimi di riduzione dell’orario di lavoro adottati dagli Stati membri nel contesto della crisi, per salvaguardare i posti di lavoro. Attraverso questo piano, su richiesta, gli Stati membri possono accedere a prestiti a lungo termine a tassi d’interesse agevolati, per istituire, rinforzare e ampliare gli ammortizzatori sociali (es. cassa integrazione), a tutela dei lavoratori più colpiti dalle conseguenze dovute alla pandemia.
La Bei, invece, ha approvato l’istituzione di una garanzia europea da 25 miliardi di euro (Fondo di garanzia paneuropeo), che ha l’obiettivo di mobilitare fino a 200 miliardi di euro di nuovi prestiti e garanzie, per sostenere l’economia reale e le imprese.
Ed ancora, nell’ambito del Mes, è stata accordata l’attivazione di una nuova linea di credito, con la condizionalità per l’accesso alle risorse, da parte degli Stati richiedenti, di impegnarsi ad utilizzare i fondi, esclusivamente, per spese sanitarie, dirette e indirette, collegate al contenimento della pandemia. Sono state messe a disposizione somme fino a 240 miliardi di euro, a cui gli Stati potranno accedere nel limite del 2 % del proprio Prodotto interno lordo, dunque, circa 35/36 miliardi di euro per l’Italia, qualora dovesse farne richiesta.
Next Generation EU, Recovery fund, Recovery plan
Su un ulteriore livello si colloca il Piano per la ripresa economica e sociale, accordato dal Consiglio europeo, denominato Next Generation EU (NGEU) ed associato al quadro finanziario pluriennale 2021-2027.
In sostanza, si tratta di un programma di aiuti da 750 miliardi di euro, ottenuti attraverso l’emissione di titoli di debito pubblico europeo, nel cui ambito, è stato approvato il principale strumento di finanziamento: il dispositivo per la ripresa e la resilienza da 672,5 miliardi di euro, denominato Recovery and Resilience Facility (Rff) o anche Recovery fund.
Ebbene, dunque, se inizialmente, lo scorso maggio, si è parlato di Recovery fund rispetto ad una proposta della Francia elaborata allo scopo di emettere i Recovery Bond, con garanzia nel bilancio UE, successivamente, per individuare e circoscrivere il suo funzionamento, si è dovuta attendere l’elaborazione del Next Generation EU, del quale il dispositivo o Recovery Fund viene ad essere il maggiore canale di finanziamento, per la crescita. Una volta diventato operativo, il dispositivo erogherà le risorse, attraverso una combinazione di sovvenzioni (312,5 miliardi di euro) e prestiti (360 miliardi di euro) e gli Stati, per beneficiarne, dovranno presentare un piano nazionale, il Recovery plan, idoneo ad individuare un programma di riforme e investimenti pubblici, fino al 2026, e che dovrà essere presentato alla Commissione europea, entro aprile 2021.
Questi piani nazionali, in particolare, dovranno consentire di rafforzare le economie, rendendole più sostenibili e resilienti, e preparare gli Stati alle sfide offerte dalla transizione verde e da quella digitale. Sul punto, l’Italia, al momento, ha presentato le “Linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza”, che contiene gli obiettivi strategici, le aree di intervento e le azioni su cui si articolerà il Recovery plan italiano.
Questi, in estrema sintesi, sono i principali strumenti inediti messi a disposizione dall’UE per aiutare gli Stati membri ad attenuare l’impatto della pandemia, ricordando, tra l’altro, la disposta attivazione della clausola di salvaguardia che ha permesso la sospensione del Patto di stabilità.
In prospettiva, ci sono, quindi, molti miliardi di euro per l’Italia e, se, attualmente, vi è ancora incertezza sui tempi entro i quali sarà a disposizione buona parte delle risorse, l’auspicio è che siano ben utilizzate per rispondere, concretamente, alle esigenze economico-sociali del Paese.