Lavoratori fragili: una sequenza di errori sulla categoria più debole

Migliaia di lavoratori, cosiddetti fragili, stanno reclamando più tutele, poiché non si sentono adeguatamente salvaguardati dagli interventi previsti, in questo periodo di emergenza sanitaria. Si ricorda che queste persone per condizioni dovute a immunodeficienze da malattie croniche, patologie oncologiche o terapie salvavita, sono esposte a maggiori rischi, qualora dovessero contrarre il coronavirus.
In effetti, nei provvedimenti che hanno interessato questa categoria di lavoratori più deboli, si sono succeduti una serie di errori che hanno messo in dubbio l’adeguatezza delle iniziative disposte a loro tutela.
In particolare, già nel mese di agosto i lavoratori fragili avevano denunciato la mancata proroga delle disposizioni a loro tutela previste dal decreto Cura Italia (n. 18/2020) e scadute lo scorso 31 luglio, che equiparavano il periodo di assenza dal servizio al ricovero ospedaliero. Il governo ha poi provveduto a riparare a questa “svista”, con il decreto Agosto (n. 104/2020) che ha esteso questa tutela fino al 15 ottobre 2020.
Lavoro da remoto per i lavoratori fragili
Dal 16 ottobre 2020 e fino al 31 dicembre 2020, lo stesso decreto ha previsto a loro salvaguardia la possibilità di eseguire la prestazione di lavoro da remoto, ampliando la casistica per poterlo accordare. Nello specifico, la norma contempla la possibilità che vengano assegnate al lavoratore anche mansioni diverse, purché ricomprese nella stessa categoria, o lo svolgimento di attività di formazione professionale anche a distanza.
Tuttavia, molti lavoratori fragili lamentano di non vedersi riconosciuta la possibilità di accedere al lavoro agile – pur in presenza delle condizioni di legge – e, di conseguenza, di essere costretti a ricorrere a giorni di malattia, permessi, o a continuare a recarsi sul posto di lavoro con tutti i rischi che ne conseguono.
La norma, infatti, non prevede un chiaro e specifico obbligo per i datori di lavoro di accordare lo smart working; vale la pena, tra l’altro, evidenziare, come sia stata scritta in modo ambiguo e vago, nel prevedere che “i lavoratori fragili svolgono di norma la prestazione lavorativa in modalità agile”. L’espressione utilizzata – “di norma” – risulta essere un termine generico e vago che non può trovare spazio in una disposizione di legge.
Question time al Ministero del lavoro per maggiori tutele
Su queste criticità, lo scorso 18 novembre, è stato presentato un question time in commissione lavoro alla Camera dei deputati, con il quale si chiedeva un intervento del governo, per garantire il riconoscimento del lavoro a distanza alle categorie più deboli. Ma, al riguardo, la risposta del Ministero del lavoro ha sollevato non poche perplessità, poiché lo stesso si è impegnato a riformulare l’attuale disciplina del lavoro agile, al solo scopo di promuoverne la diffusione; al contrario, nessun riferimento è stato fatto alla necessità, soprattutto nell’attuale periodo di emergenza Covid, di iniziative volte ad escludere che i datori non lo concedano a loro discrezione, nei casi in cui la prestazione di lavoro possa essere, effettivamente, svolta in questa modalità.
Attualmente, quindi, proprio quei lavoratori che avrebbero bisogno di maggiori garanzie di sicurezza per tutelare la loro salute restano, di fatto, senza idonei sostegni se non possono accedere al lavoro agile, sia nel caso in cui non venga accordato dal datore che nell’ipotesi in cui la prestazione risulti incompatibile con questa modalità di lavoro. A ciò si aggiunge che con gli ultimi decreti disposti dal governo, decreto Ristori (n. 137/2020) e decreto Ristori bis (n. 149/2020), non non sono state introdotte ulteriori tutele/sussidi che attribuiscano a questa categoria più certezze.