Rider: solo Just Eat li fa tutti dipendenti

Non cessa il dibattito sul corretto inquadramento del rapporto di lavoro che si instaura tra i rider e le aziende di food delivery: si tratta di lavoro subordinato oppure autonomo? Non è possibile, al riguardo, dare una risposta a priori.
Il lavoro su piattaforma gig economy
L’incertezza sull’inquadramento nasce dalle peculiarità dell’organizzazione del lavoro tramite piattaforma digitale, cosiddetta gig economy, caratterizzata dalla disintermediazione, considerando che i lavoratori offrono la disponibilità del proprio servizio al committente, attraverso una piattaforma digitale. Non esiste, quindi, una struttura organizzativa del lavoro, se non l’individuazione di turni ed orari, rispetto ai quali, il lavoratore, connettendosi alla piattaforma, può scegliere quando prestare il proprio servizio. Pertanto, a seconda dei casi concreti, i rider possono rientrare nell’ambito del lavoro subordinato, di quello autonomo o di un’ulteriore fattispecie contrattuale non tipizzata.
Addirittura, tra gli stessi rider non esiste una medesima visione, considerando che non tutti reclamano un contratto di lavoro dipendente, preferendo, per certi aspetti, quella flessibilità che è propria del lavoro autonomo; ciò anche perché alcuni ricorrono ai servizi di consegna a domicilio saltuariamente per arrotondare, altri, invece, ne hanno fatto un’occupazione a tempo pieno.
Certo è che, in non pochi casi, sono emerse situazioni insostenibili per questi lavoratori, con paghe misere e costretti a prestare servizio in assenza di condizioni di sicurezza per la salute, anche durante questo complesso periodo di pandemia, che li mette ancora di più a rischio.
Assenza di un’idonea e riconosciuta tipologia contrattuale
Non ha risolto le problematiche di inquadramento il decreto legge n. 101/2019, con il quale è stata adottata una prima regolamentazione del lavoro attraverso piattaforma digitale. Questo provvedimento, che, introduce una serie di tutele contrattuali minime per i rider ed esclude il pagamento a cottimo come prevalente, ha generato dei dubbi sull’adeguatezza complessiva dell’intervento normativo rispetto all’attività dei rider, soprattutto perché non vengono individuate le modalità organizzative e di lavoro.
Il problema centrale resta, quindi, la mancanza di una riconosciuta tipologia contrattuale di riferimento, che tuteli i lavoratori e prenda in considerazione le specifiche caratteristiche di questo lavoro. Si tratta di una lacuna che determina, a parità di mansioni, situazioni contrattuali molto diverse tra loro, in termini di diritti e retribuzioni, lasciando spazio ad abusi e irregolarità.
Lo scorso 15 settembre era stato siglato da AssoDelivery, associazione che riunisce le principali aziende del food delivery, e il sindacato UGL, un ccnl per la disciplina dell’attività di consegna di beni per conto altrui, che definiva i rider lavoratori autonomi. Ma questo accordo, oltre ad aver scatenato le proteste degli altri sindacati e associazioni di rider, è stato ritenuto invalido per il Ministero del lavoro, poiché riconduce la retribuzione al cottimo e la sottoscrizione è avvenuta con un’unica organizzazione, considerata non rappresentativa a livello nazionale di tutta la categoria di rider.
Sembra, quindi, che in materia si debba ancora contare sulla virtuosità delle scelte contrattuali delle società, datrici di lavoro, affinché vengano riconosciute adeguate tutele.
Il modello organizzativo di Just Eat per il 2021
La nota azienda Just Eat, ad esempio, ha recentemente annunciato che, dal 2021, i propri rider saranno inquadrati come lavoratori subordinati, con i relativi diritti e tutele, ma anche riconoscendo quella flessibilità che molti chiedono, come nel caso dei lavoratori studenti.
La società ricorrerà al modello di delivery Scoober, adottato in altri Paesi del gruppo, che prevede la stipula di un contratto di lavoro dipendente, a tempo parziale o pieno, e una retribuzione oraria, che copre il turno di lavoro e non è collegata alle singole consegne, rispetto alle quali viene, invece, riconosciuto un bonus aggiuntivo.
Con questa scelta, l’azienda ha assunto una vera e propria presa di posizione sul controverso inquadramento dei rider. Non a caso, Just Eat, dopo aver annunciato l’applicazione di contratti di lavoro dipendente, ha deciso di uscire da Assodelivery, dissociandosi ulteriormente dal ccnl che l’organizzazione ha accordato e che prevede l’autonomia del lavoratore e il pagamento a cottimo.
Ad ogni modo, la scelta di un leader di settore come Just Eat, al momento, non ha spinto anche le altre aziende di delivery food ad assumere lo stesso modello organizzativo. Lo scorso 11 novembre, infatti, in occasione del tavolo ministeriale sugli addetti delle piattaforme di consegna a domicilio, è emerso che le aziende rimaste in Assodelivery, quali Glovo, Deliveroo e Uber Eats, continueranno a sostenere l’inquadramento dei rider come lavoratori autonomi, individuato dal ccnl sottoscritto a settembre e, sebbene, nella stessa sede, il Ministero del lavoro abbia ribadito le criticità di quel testo.
Ad oggi, quindi, non ci sono ancora i presupposti e le condizioni per pervenire, nel breve, ad un contratto di settore, che metta d’accordo tutte le parti sociali. Intanto, il tavolo ministeriale si riunirà già la prossima settimana, ma per discutere, nello specifico, delle problematiche legate al caporalato digitale.