Tra parlamentari contagiati e in quarantena, ecco l’ipotesi di voto a distanza

L’emergenza sanitaria sta mettendo a dura prova anche il nostro sistema istituzionale, facendo emergere molteplici problematiche, tra le quali il rischio di non riuscire a garantire il regolare svolgimento dei lavori parlamentari, a causa delle assenze di deputati e senatori, positivi al Covid o in quarantena precauzionale. Attualmente, solo alla Camera, risultano circa 20 deputati contagiati, tra cui 4 capigruppo, e ottanta in isolamento.
Dall’inizio della pandemia, quindi, per assicurare i lavori e la validità dei voti con la presenza della maggioranza dei componenti di ciascun ramo del Parlamento e le necessarie maggioranze per adottare le deliberazioni, sono state applicate delle specifiche misure concordate tra i gruppi politici, che hanno rallentato le l’attività e che, tuttavia, non mitigano il rischio di stallo delle attività parlamentari.
È, quindi, in corso un dibattito interno, per individuare delle soluzioni che garantiscano la continuità dei lavori del Parlamento “ai tempi del Covid”, che siano compatibili con i principi che ne governano il funzionamento, quale organo costituzionale.
Proposta di voto a distanza
Alla Camera, in particolare, è al vaglio l’ipotesi che prevede il ricorso al voto a distanza, promossa dal deputato del PD, Stefano Ceccanti, professore ordinario di discipline giuridiche.
La proposta introduce la possibilità di voto a distanza nel Regolamento della Camera, riprendendo un modello già sperimentato alla Camera dei deputati spagnola.
In circostanze eccezionali che impediscono ai deputati lo svolgimento in presenza della funzione parlamentare, l’iniziativa prevede che possa essere autorizzato il ricorso a procedure telematiche per votare e partecipare alle sedute dell’Assemblea, delle Giunte e delle Commissioni. L’esercizio delle votazioni da remoto viene chiaramente condizionato all’utilizzo di modalità che garantiscano la libertà, la personalità e, nei casi previsti, la segretezza del voto, per escludere possibili forme di condizionamento o interferenza.
In questa settimana, si terrà la riunione della giunta per il regolamento alla Camera, un organo collegiale che ha compiti legati al corretto funzionamento dei lavori, che ha in esame la proposta del deputato Ceccanti, sottoscritta da altri 114 deputati che chiedono, quindi, il via libera al voto da remoto già regolato in altri Paesi, ritenendo che sia necessario per superare l’impossibilità per il parlamentare di essere presente fisicamente ai lavori, che attualmente si traduce in una mancata partecipazione, senza valide alternative.
Cosa ne pensano i partiti sul voto da remoto
La proposta di voto a distanza al momento si scontra con le resistenze sia di parlamentari della maggioranza che dell’opposizione. Mentre il Pd e il M5S sono favorevoli a questa ipotesi, al netto di qualche dissenso, Italia Viva esclude ogni modalità di sistema di voto non in presenza.
Anche il Centro destra, in generale, ha espresso una posizione contraria, soprattutto, Fratelli d’Italia e Lega. Alcuni esponenti di Forza Italia, invece, hanno mostrato una qualche apertura a valutare le possibili soluzioni sul tavolo, per arrivare ad una decisione condivisa.
Non c’è, quindi, ancora l’ampio e trasversale consenso di cui necessiterebbe la scelta di ricorrere alle votazioni da remoto. Al di là di remore ideologiche, probabilmente, su un tema così innovativo che coinvolge il funzionamento dell’istituzione parlamentare, molte riserve sono legate anche alle perplessità sulla corretta individuazione di un sistema telematico che possa essere operativo e compatibile con le caratteristiche delle procedure conoscitive e deliberative del Parlamento.
Al momento, c’è da dire che l’emergenza non ha portato ad un’effettiva paralisi delle attività parlamentari, che comunque continuano a svolgersi, ma di certo ne sta fortemente condizionando e rallentando l’andamento. Proprio questa settimana, ad esempio, le assenze dovute all’aumento dei contagi a Montecitorio ha costretto il presidente della Camera, Roberto Fico, a rinviare l’esame della legge contro l’omofobia, in considerazione dell’importante valenza politica di questo provvedimento.
È certo che il Parlamento non può mai venir meno al suo ruolo di garanzia democratica e, pertanto, vanno comunque individuati degli strumenti idonei che consentano a Camera e Senato di potersi pronunciare e decidere, superando ogni criticità che possa interferire con l’avvento di situazioni inedite, qual è l’attuale emergenza sanitaria.