Cosa sta succedendo in Bielorussia
A quasi un mese dalle contestate elezioni che lo hanno visto trionfare con l’80% dei voti, non si placano le proteste contro la sesta rielezione del presidente Alexander Lukashenko.
La stretta repressiva contro i manifestanti
In Bielorussia vanno avanti le proteste e gli scioperi da quando, lo scorso 9 agosto, i risultati ufficiali delle elezioni presidenziali hanno affidato un nuovo mandato a Lukashenko, dichiarandolo vincitore con l’80% dei voti, contro il 10% ottenuto dalla candidata dell’opposizione Svetlana Tikhanovskaya.
L’esito elettorale non è stato accettato dalla popolazione che da allora continua a scendere in piazza
chiedendo le dimissioni del presidente.
Le richieste del movimento di opposizione per una nuova leadership democratica e una riforma economica hanno incontrato la ferma opposizione del governo, che ha deciso di adottare una linea dura contro i manifestanti e di procedere alla repressione delle proteste con migliaia di arresti, abusi, e violenze. Inoltre Lukashenko gode dell’appoggio di Vladimir Putin, che non solo ha riconosciuto come validi i risultati delle elezioni, ma si è anche detto disponibile a intervenire militarmente per la gestione delle proteste qualora la minaccia per l’incolumità del corrispettivo bielorusso dovesse farsi più pressante.
Al contrario, l’Unione europea non ha riconosciuto i risultati delle elezioni presidenziali, e i leader dei 27 hanno comunicato che imporranno rapidamente una serie di sanzioni contro le autorità bielorusse, in particolare quelle responsabili della repressione. Josep Borrel, Alto rappresentante Ueper la politica estera e di sicurezza, a nome dell’Unione europea, ha detto:
“Chiediamo alla leadership politica bielorussa di avviare un dialogo genuino e inclusivo per evitare ulteriori violenze. L’Ue continuerà a sostenere una Bielorussia democratica, indipendente, sovrana, prospera e stabile”.
Arrestata leader dell’opposizione
Alexander Lukashenko, ex militare e sovietico di ferro, ricopre la carica di presidente dal 1994,
una longevità oscura che gli ha meritato il soprannome di “ultimo dittatore d’Europa”. In 26 anni
l’autoritario presidente bielorusso ha limitato brutalmente i diritti alla libertà di associazione ed
espressione e, in quello che è a tutti gli effetti un regime, il rispetto dei diritti umani, delle libertà
civili e della democrazia è gradualmente diminuito fino ad arrivare all’esplicita repressione
degli oppositori politici.
È di pochi giorni fa la notizia secondo cui Maria Kolesnikova, una dei leader dell’opposizione bielorussa, è
stata arrestata mentre cercava di superare il confine con l’Ucraina. La conferma arriva dalle autorità
bielorusse, citate dall’emittente statale Belarus-1. Secondo la versione ufficiale, enunciata dallo
stesso presidente Lukashenko, Kolesnikova avrebbe cercato di uscire illegalmente dalla Bielorussia
ed è stata fermata al confine. Questa dichiarazione contraddice però le informazioni diffuse il 7
settembre dal sito locale di notizie Tut.by, secondo cui una testimone ha riferito di aver visto nel
centro di Minsk degli uomini incappucciati trascinare Kolesnikova dentro un minibus e portarla via.
Kolesnikova è l’ultima delle tre donne che hanno guidato il movimento contro la rielezione del
presidente Lukashenko rimasta in Bielorussia. Svetlana Tikhanovskaya, a capo della coalizione e
candidata presidente, dopo aver dichiarato truccati gli exit poll, ha lasciato la Bielorussia e si è
rifugiata in Lituania, così come Veronika Tsepkalo, altra attivista di spicco dell’opposizione, che
sabato scorso è scappata in Polonia per via delle minacce ricevute dalle autorità di Minsk.
Tre donne contro Lukashenko
Dopo quasi trenta anni di governo autoritario, l’opposizione era riuscita a trovare grande entusiasmo
raccogliendosi intorno a queste tre leader donne. Svetlana Tikhanovskaya, a capo della coalizione e
candidata presidente, ex insegnate di inglese di 37 anni, aveva raccolto la candidatura del marito
Sergei Tikhanovsky, un blogger dissidente estromesso dalla competizione elettorale e incarcerato.
Stessa sorte per Viktar Babariko, arrestato anche lui, e di cui Maria Kolesnikova coordinava la
campagna elettorale, e infine, Veronika Tsepkalo, che ha preso il posto del marito Valery Tspekalo,
volato a Mosca per sfuggire all’arresto.
L’ obiettivo di Svetlana Tikhanovskaya non era quello di diventare un leader nazionale, ma di
essere eletta per rimuovere dal potere Lukashenko e convocare nuove autentiche elezioni nel giro
di sei mesi. “Quando votate per Tikhanovskaya non votate per una politica, ma per i cambiamenti
che arriveranno e per delle nuove elezioni legittime” aveva dichiarato di fronte a una folla di 10.000
persone durante un comizio a luglio.
In un intervento all’ONU, Tikhanovskaya ha esortato l’;organizzazione a intervenire per fermare la
repressione delle autorità contro i manifestanti che contestano il presidente Lukashenko e ha
sollecitato l’organizzazione a inviare una missione internazionale di monitoraggio in Bielorussia per
“documentare la situazione sul campo”.
Una nazione non può e non deve essere ostaggio della sete di potere di un uomo. I bielorussi si sono svegliati, il punto di non ritorno è passato.
ha dichiarato durante l’incontro informale delle Nazioni Unire convocato dall’Estonia il 4 settembre.
I bielorussi non si arrendono e, sventolando la bandiera bianco-rosso-bianco della Bielorussia
indipendente, divenuta simbolo delle proteste, continuano la loro battaglia pacifica per liberarsi del
dittatore Aleksandr Lukašenko.