Riforma Bonafede della prescrizione: dalla presunzione di innocenza al pregiudizio di colpevolezza
Dal 1° gennaio 2020, con l’entrata in vigore della Riforma Bonafede, in Italia ha smesso di esistere la prescrizione. Gli effetti di questa abolizione non si faranno sentire soltanto in ambito giuridico e processuale: la crescita esponenziale e le lungaggini infinite dei processi non saranno gli unici effetti collaterali di questa riforma.
I risvolti culturali derivanti da questa manovra verranno alla luce più lentamente, ma è chiaro fin da ora che abolendo la prescrizione il governo sta tentando di cancellare uno dei presupposti cardine del sistema penale italiano: la presunzione di innocenza. Superata questa, non rimane altro che il “pregiudizio di colpevolezza”.
La condanna sta prendendo sempre più marcatamente la deriva dello stigma, perdendo in maniera progressiva la consapevolezza del proprio esser convenzione. Giuridicamente e ontologicamente la giustizia sta svestendo i panni dell’equità e ridotta all’osso rimane solo cieca retribuzione della colpa.
Colpa. Non reato, non errore, ma colpa. La giustizia così concepita non è orientata a recuperare o ad ovviare alla mancanza prodotta dal reato, il suo scopo si riduce ad espiazione della colpa, secondo gli standard del cosiddetto Stato etico.
Posto che i reati puniti con l’ergastolo sono da sempre considerati imprescrittibili, stabilire un termine entro il quale punire un reato era perfettamente in linea con la concezione non vendicativa della pena prevista dalla Costituzione e dalla quale l’attuale legislatura sta prendendo le distanze.
La prescrizione cercava di scongiurare tre rischi principali: processi penali protratti per periodi di tempo molto lunghi fino a bloccare il lavoro della magistratura, iter giudiziari eccessivamente dispendiosi da sostenere per le persone coinvolte ed infine gli errori giudiziari, poiché più passa il tempo, più le indagini e i processi diventano complicati da gestire.
Trascorso un determinato periodo di tempo, la prescrizione estingue un reato. Con la Riforma Bonafede della prescrizione invece nessun reato cadrà mai in prescrizione, se è arrivato almeno alla sentenza di primo grado. Come si evince dal testo ufficiale, infatti, la riforma introduce anche per l’ordinamento penale il blocco assoluto della decorrenza dei termini della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, sia nel caso di assoluzione sia nel caso di condanna.
L’iter della Riforma Bonafede della prescrizione e la vittoria sul primo emendamento
Questa riforma, oltre a rappresentare un banco di prova per i 5stelle che hanno fatto della riforma della giustizia il loro manifesto, lo è anche – ancora una volta – per l’attuale legislatura.
Proprio ieri alla Camera è stato discusso il Decreto Milleproroghe ed è stato bocciato il primo emendamento della Riforma Bonafede, proposto da Riccardo Magi di +Europa, che prevedeva la sospensione fino al 2023 della riforma entrata in vigore il 1° gennaio scorso. L’emendamento è stato bocciato con 44 no e 42 si: a votare favorevolmente sono stati Italia Viva, Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia.
Italia Viva che continua a minacciare di rilanciare la mozione di sfiducia a Bonafede se non venisse approvato l’emendamento circa la sospensione (con il ripristino della riforma dell’ex ministro della Giustizia, Andrea Orlando) e il rinvio dell’applicazione della riforma.
Le norme riguardanti la riforma erano già contenute nel ddl anticorruzione, il cosiddetto Spazzacorrotti, ed era previsto che entrassero in vigore dal 2020: data per la quale sarebbe stata pronta la riforma della Lega sul diritto processuale penale e civile, che avrebbe stabilito un tetto massimo per la durata dei processi. Così non è stato e l’attuale riforma ha accesso un ampio dibattito anche tra magistrati e penalisti.
Gli emendamenti proposti per la Riforma Bonafede sulla prescrizione sono molteplici e verranno proposti nei prossimi mesi: dalla proposta di legge di Enrico Costa (Forza Italia), che propone di abrogare interamente la riforma della prescrizione, ai due emendamenti di Lucia Annibali per il rinvio di almeno un anno della riforma. Il lodo Conte-bis del deputato LeU, Federico Conte, invece, propone una distinzione tra sentenza di condanna e sentenza di assoluzione, predisponendo il blocco della prescrizione soltanto per chi viene condannato in primo grado di giudizio e nel caso di assoluzione in appello prevede il recupero dei termini di prescrizione rimasti bloccati nel frattempo.
Del resto il magistrato Carlo Nordio ha definito la riforma un “mostro giuridico” e l’emendamento di Conte un “mostriciattolo”, riportando al Messaggero l’esemplificazione di quanto potrebbe accadere applicando il lodo Conte-bis: «Tizio viene assolto in primo grado: la prescrizione continua. Il Pubblico Ministero impugna, si va in Appello, e Tizio viene condannato. La prescrizione (a quanto pare) si sospende. Ma Tizio ricorre in Cassazione, che annulla la condanna e rinvia a un’altra Corte. Quest’ultima assolve. Che fine farà al prescrizione? Mah! E mica è finita. Perché se contro questa assoluzione ricorre il Procuratore Generale, e la Cassazione accoglie il ricorso, si fa un nuovo processo. Se stavolta la Corte d’Appello condanna, la prescrizione si sospende (pare) di nuovo. Ma se Tizio ricorre a sua volta, e la Cassazione annulla la condanna, la nuova Corte può assolvere, con la conseguenza di una nuova impugnazione del Procuratore Generale. E così via senza tregua, perché nel nostro sgangherato sistema il processo può effettivamente andare avanti all’infinito, con corsi e ricorsi che ricordano, tanto per restar nella filosofia greca, la dialettica degli stoici. E badate che questo è solo un aspetto del problema. Perché può esservi il caso opposto e simmetrico a quello di Tizio: Caio è condannato in primo grado (la prescrizione si ferma) ma assolto in Appello (la prescrizione riprende); poi un annullamento della Cassazione e condanna nel giudizio di rinvio. Altro ricorso, eccetera eccetera. Nel frattempo, come l’omino di Cartesio, la prescrizione si è perduta nella foresta normativa».