Helmut Newton Passato Prossimo Venturo
Vogue, Harper’s bazaar, Elle, GQ, Vanityfair, Play Boy, Max, Marieclaire, Channel, testate mitiche, i loro protagonisti come Gianni Versace, Yeves Saint Laurent, Ava Gardner, Romy Schneider, Catherine Deneuve, Andy Wharol o Margaret Thatcher, Helmuth Khol, Jean Marie Le Pen, Fassbinder, Wim Wenders, una carrellata “impressionata” degli anni Settanta Ottanta che viene sublimata nel ritratto di Charlotte Rampling che ha la forza di una scultura.
Il “mito” che ha iconizzato i miti è Helmut Newton, all’anagrafe Neustäder nato a Berlino nel 1920 da una famiglia ebrea dell’alta borghesia. Il resto è sui libri di storia. Il suo destino è segnato e la fuga dalla Germania hitleriana è la causa primaria della professione che lo renderà famoso.
Ha rivoluzionato il mondo della fotografia e anzi ha accompagnato e forse addirittura impresso un ritmo diverso all’immaginario collettivo sulla donna fotografandola in maniera innovativa e spiazzante.
Ha fotografato la sèconda metà del novecento senza veli, è il caso di dirlo, e sicuramente ha psicanalizzato questo secolo che ha fatto compiere un balzo inconcepibile alla civiltà occidentale, paradossalmente cresciuta nonostante due atroci guerre mondiali devastanti e soprattutto fratricide.
Le sue donne sono forti, almeno all’apparenza, crude, aggressive superbe lontane, perlopiù appiattite sull’icona maschile da cui hanno preso il peggio, dimentiche della loro femminile dolcezza. Errore che l’Universo femminile si porta ancora appresso con la filosofia delle femministe che affrontano a muso duro il “maschile” invece di aprire un dialogo costruttivo. I risultati sono oggi sotto gli occhi di tutti.
Le 220 icone in mostra al Ducale seguono il fil rouge dei tre libri, già editati da Newton stesso: White Women 1976 che gli varrà il Kodak foto book award in cui per la prima volta nudo ed erotismo irrompono nel mondo della moda, Spleeless nights 1978 che trasforma le foto di moda a reportage di scena del crimine, e Big Nudes 1981 ispirato dalle immagini giganti che la polizia tedesca usò per scovare e sconfiggere i terroristi della RAF che afflissero la Germania in quegli anni.
Le sue donne riprese a grandezza naturale sono le protagoniste indiscusse del loro tempo. Non c’è ironia nella sua ricerca, il suo obiettivo scandaglia il suo stesso profondo e ne emerge una visione altra del femminino che di femminile ha poco ma gronda fascino e volenti o nolenti ci trasforma tutti in voyeur sottolinea Denis Curti che con Mathias Hender ha curato la mostra.
Approdata a Genova dopo Houston, Berlino, Roma, Venezia, l’esposizione, frutto del progetto nato da un team di tutto rispetto, Civita Mostre e Helmut Newton Foundation, è magnificamente accolta negli spazi suggestivi del Sottoportico di Palazzo Ducale a Genova. Fino 22 gennaio 2017.