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Colori, abbigliamenti, lingue diverse, un formicolare di gente tra “artistar” e artisti conosciuti o meno, performer, videomaker, sperimentatori, addetti ai lavori, ma anche studiosi e studenti appassionati d’arte o presunti tale, signore elegantissime, gioventù tatuata o peggio con i piercing… vedi a volte aver abolito l’esame di maturità, curiosi, eccentrici e interessati invadono Venezia che continua a stupire per il grandioso spettacolo d’arte contemporanea, che ogni due anni debutta in città. I giorni della preview sono tutto uno sbirciare nei backstage, dove qualcuno è già pronto, qualcuno è alle battute finali, e tutti sono animati da un fervore che si tocca, le voci sommesse, mani che sanno, tra trabatelli, fili della luce, pennellesse per gli ultimi ritocchi alle pareti, opere ancora imballate, altre già posizionate e… aperitivi e inviti riservatissimi. Tre giorni per questa full immersion esaltante che alimenta lo stupore. Così, ho voluto godermi la Biennale seguendo i suggerimenti della mia curiosità e del mio intuito. E vi propongo questo tour, se poi proprio volete alla fine anche i Giardini e l’Arsenale.
Prima tappa le Zattere dal grande Pino Pascali.
A distanza di decenni la sua ricerca ci stupisce per la sua freschezza e attualità. Rosalba Braná direttore del Museo Pino Pascali, sottolinea come, nel momento in cui la Pop Art la faceva da padrona tra i luccichii e i lustrini del suo mondo tutto artificiale, l’artista anticipasse l’ Arte Povera prima, e in sintonia con Barucchello e Beuys, puntasse il dito sul ritorno alla natura, oggi appunto una necessità tragicamente evidente.
Poco più il là la Repubblica Domenicana presente con Antigua e Barbuda, e le loro stupefacenti mega installazioni arcobaleno realizzate per gli spazi ricchi di cultura degli Artigianelli, ma la mia meta è il Cipriani, alla Giudecca. Qui all’interno del meraviglioso quanto inaspettato parco, Pablo Atchugarry, ha collocato una grandiosa installazione di bardiglio e marmo di carrara, a cui fa da contraltare una stele in bronzo. Bronzo? Non aspettatevi un bronzo tradizionale… c’è ma non si vede perché è occultato da una patina lucida azzurro intenso che mi specifica orgoglioso, “è la vernice dei carrozzieri”.
Lo scultore, da sempre libero come solo vento sa essere e che è il segno del suo inconfondibile fare arte, è presente anche con una ricca personale alla galleria Contini in calle XXIII marzo mentre davanti alla prefettura campeggia un bianco di Carrara di almeno 5 metri di altezza che avevo visto in fieri nel suo lab vicino a Lecco. Lascio a malincuore Atchugarry, e proseguo il mio giro a San Giorgio attirata dal vetro che occupa con grande dovizia gli spazi del piano terra della Fondazione Cini. Si celebra Marinot, un maestro indiscusso che ha esplorato le valenze di questo materiale raggiungendo mete sublimi e facendone il perno della sua vita professionale e no.
In questo rincorrere il bello mi lascio poi catturare da “I 3 Oci” dove Letizia Battaglia, palermitana, fotografa il suo mondo, rigoo in bianco e nero : “ io non sono una fotografa, sono una persona che fotografa” … la fotografia è parte di me ma non è la parte assoluta…