Room: il Cosmo fuori dalla finestra
Che il Toronto Internetional Film Festival sia una delle rassegne cinematografiche più interessanti da seguire è cosa ormai nota ai cinefili di tutto il mondo. Nel corso degli anni infatti, le pellicole vincitrici del People’s Choice Award spesso e volentieri si sono ritrovate a concorrere poi alla conquista di premi e statuette di risonanza mediatica addirittura più alta. E gran parte del merito va soprattutto al buon gusto di una giuria composta semplicemente dagli spettatori che siedono in sala, capaci di scovare e premiare opere come The Millionaire (2008), Il Discorso del Re (2010) o 12 Anni Schiavo (2013).
Anche quest’anno quindi, come da tradizione, il contributo dato dal TIFF alla voce “Nomination agli Oscar” è stato determinante, spingendo in campo il delizioso Room di Lenny Abrahamson.
Il romanzo Stanza, letto, armadio, specchio di Emma Donoghue raccontava una storia già difficile da immaginare, tanto era alto il livello di inaccettabile crudeltà a cui erano sottoposti i suoi protagonisti. Abrahmson invece decide di dare immagine e forma alla sofferenza umana, traducendo icasticamente in pellicola una storia tanto semplice quanto commovente. Il suo cinema, fatto di dettagli e primissimi piani, è uno strumento attendibilissimo che racconta con discrezione il dramma di una madre ed un figlio segregati in uno stanzino da ormai sette anni.
L’amore e la protezione materna di lei sono sentimenti che bucano lo schermo tanto quanto il senso di libertà percepito nel momento in cui i due riescono ad evadere dalla loro prigione. Ed ancor più forte diventa il legame col pubblico, nel momento in cui la gabbia da cui uscire diventa semplicemente la psiche, non più capace di vivere in un mondo fattosi improvvisamente così sconfinato ed eterogeneo.
Dolore, rassegnazione, paura e senso di liberazione. Brie Larson ed il piccolo Jacob Tremblay riescono ad interpretare una gamma vastissima di emozioni, arrivando ad un grado di sympatheia elevatissimo (davvero nel senso più profondo termine), tale da giustificare senza alcun indugio la meritatissima vittoria dell’Oscar come miglior attrice protagonista, da parte dell’artista americana.
Chapeau!