Giulio Regeni temeva per la sua vita
Giulio Regeni temeva per la sua vita. Ora il Manifesto pubblica l’ultimo articolo del ragazzo senza pseudonimo
“In Egitto, la seconda vita dei sindacati indipendenti” – questo è il titolo dell’ultimo articolo scritto da Giulio Regeni e pubblicato dal Manifesto sulla prima pagina del quotidiano. Accanto poi si legge una nota del giornale in cui viene spiegato che Regeni, il dottorando italiano di 28 anni ucciso alla periferia del Cairo, “ci aveva chiesto di pubblicarlo con uno pseudonimo così come accaduto altre volte in passato. Ci abbiamo pensato e abbiamo deciso di offrirlo oggi ai nostri lettori come testimonianza, con il vero nome del suo autore, adesso che quella cautela è stata tragicamente superata dai fatti”. L’articolo è stato pubblicato nonostante il quotidiano comunista fosse stato diffidato dalla pubblicazione anche da parte della famiglia del ragazzo. Infatti, precisa l’avvocato della famiglia Alessandra Ballerini, Regeni aveva chiesto di pubblicare gli articoli sotto pseudonimo perché “temeva per l’incolumità sua e di un altro ragazzo che si trova ancora al Cairo”. Ma nell’editoriale che accompagna il testo, Tommaso Di Francesco spiega che “questa è la verità che vogliamo proporre e testimoniare sulla morte violenta al Cairo di Regeni di fronte alle troppe reticenze ufficiosi ed ufficiali e alle gravi contraddizioni delle prime indagini tra la procura egiziana, che conferma le torture indicibili, e il ministero degli Interni che le smentisce”.
L’ULTIMO ARTICOLO DI GIULIO REGENI PER IL MANIFESTO
Giulio Regeni scriveva dall’Egitto per il Manifesto, ma con uno pseudonimo perché aveva paura per la propria incolumità e cercava così di celare questa sua professione. Di recente lo studente dal Cairo aveva realizzato un articolo sui sindacati, infatti Giuseppe Acconcia, collaboratore del Manifesto, ha raccontato a Radio Popolare che “Giulio si occupava soprattutto di movimenti operai e di sindacalismo indipendente”, e per questo aveva contatti con l`opposizione egiziana.
Dal sito del quotidiano “Al Ahram” si apprende poi che Giulio Regeni era alla ricerca di contatti di attivisti del diritto del lavoro affinché potesse intervistarli per la sua tesi.
Il suo ultimo contributo comincia con un allarme sulla libertà di stampa nell’Egitto del presidente al Sisi. “Al-Sisi ha ottenuto il controllo del parlamento con il più alto numero di poliziotti e militari della storia del paese mentre l’Egitto è in coda a tutta le classifiche mondiali per rispetto della libertà di stampa”, scrive Regeni, che racconta la ‘resistenza’ dei sindacati indipendenti e in particolare un incontro presso il centro servizi per i lavoratori e i sindacati (Ctuws), tra i punti di riferimento del sindacalismo indipendente egiziano.
Il quotidiano, diretto da Norma Rangeri, ricorda come Regeni “non era né un violento né un nemico dell’Egitto, al contrario amava quel Paese…ed è deceduto, a quanto sappiamo finora secondo la procura egiziana dopo violenze inaudite”. Il Manifesto, inoltre, evidenzia “come in queste ore si rincorrono interpretazioni a dir poco incredibili, ufficiali e di alcuni giornali che accreditano perfino la versione dei servizi segreti egiziani che naturalmente negano ogni responsabilità su un suo possibile fermo o arresto, rivolgendo l’attenzione allora sul fatto criminale puro e semplice, se non addirittura alla tesi dell’incidente automobilistico”.
“Sia chiaro. Noi non sappiamo chi siano davvero stati i suoi assassini e perché abbiano commesso questo crimine . Possiamo testimoniare e sospettare. Ma – chiude l’editoriale – chiediamo tutta la verità al governo egiziano, al ministro degli Esteri Paolo Gentiloni e al presidente del Consiglio Matteo Renzi. Lo dobbiamo di fronte al dolore dei genitori e alla giovane vita così martoriata di Giulio Regeni”.
CHI ERA GIULIO REGENI
Giulio Regeni, originario di Fiumicello, un paese in provincia di Udine, si era laureato ad Oxford in un indirizzo umanistico ed era dottorando in economia alla Cambridge University, al dipartimento di politica e studi internazionali. Si trovava in Egitto dallo scorso settembre per motivi accademici – stava lavorando su una tesi in politica economica.
Interessato agli studi sul Medio Oriente, capace di parlare arabo e inglese alla perfezione, le sue passioni lo avevano portato a mettersi in mostra già nel 2012 quando al concorso internazionale ‘Europa e giovani’ venne promosso dall’Istituto regionale di studi europei del Friuli Venezia Giulia: al centro dei suoi interessi, il percorso dei Paesi, in particolare l’Egitto, dalla decolonizzazione alle rivolte arabe, con un focus specifico sul versante socioeconomico. Nonostante la lontananza dal suo paese di origine, era molto legato a Fiumicello e i suoi amici lo ricordano come un ragazzo sempre pronto a raccontare esperienze, eventi di una vita molto distante dal piccolo centro friulano.
Poi il 25 gennaio è iniziato l’incubo. La famiglia e gli amici del ragazzo ventottenne da quel giorno non ricevono più notizie del ragazzo, sembrava sparito nel nulla. Il giovane avrebbe mandato l’ultimo sms a un conoscente egiziano, Amr Assad. È stato riferito che quella sera doveva vedersi con un amico nel luogo delle proteste che ogni anno accompagnano l’anniversario della rivoluzione anti-Mubarak, ma non è mai arrivato in piazza Tahrir. La rete si era mobilitata per lui creando l’hashtag #whereisgiulio, dove sono giunti tweet da tutto il mondo. Poi il peggiore dei risvolti: in un fosso della periferia della capitale egiziana viene infatti rinvenuto il corpo di Giulio Regeni.
Il corpo del ragazzo è stato consegnato dalle autorità egiziane all’Ospedale italiano ‘Umberto I’ del Cairo.
E’ GIALLO SULLE CAUSE DELLA MORTE DI GIULIO REGENI
Sulla morte di Giulio Regeni “abbiamo un solo obiettivo: la verità. Stanno partendo squadre di investigatori italiani per collaborare con la polizia egiziana e sono convinto che al Sisi non si sottrarrà alla collaborazione e che i buoni rapporti con l’Egitto siano un fluidificante che aiutino nella ricerca della verità” – questo è quanto ha dichiarato il ministro dell’interno Angelino Alfano, al programma Agorà su Raitre. “Tutte le procedure saranno attivate – ha aggiunto – perché la giustizia sia severa con i responsabili”.
Il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi ha telefonato al premier Matteo Renzi, riferendogli di aver ordinato al ministero dell’Interno e alla Procura generale di “perseguire ogni sforzo per togliere ogni ambiguità” e “svelare tutte le circostanze” della morte del ricercatore, un caso al quale “le autorità egiziane attribuiscono un’estrema importanza” – riferisce l’agenzia Mena. L’Italia “troverà una cooperazione costruttiva da parte delle autorità egiziane”, ha aggiunto Sisi esprimendo le proprie condoglianze.
Il Presidente Mattarella auspica che “attraverso la piena collaborazione delle autorità egiziane sia fatta rapidamente piena luce sulla preoccupante dinamica degli avvenimenti, consentendo di assicurare alla giustizia i responsabili di un crimine così efferato, che non può rimanere impunito”.
PRIME IPOTESI SULLE CAUSE DELLA MORTE
Il corpo di Giulio Regeni era nudo dalla cintola in giù , pieno di segni di coltellate e percosse concentrati soprattutto sulla testa e la schiena, contusioni e bruciature di sigarette su tutto il corpo. L’autopsia descritta dal procuratore Ahmed Nagi sembra non lasciare altri dubbi: è stato torturato. “Deve essere stata una morte lenta”, ha aggiunto mentre fonti del suo ufficio dicono al Corriere che “le indagini preliminari mostrano che il corpo avrebbe ceduto per dissanguamento, come risultato delle violente percosse”.
Ma le domande e i dubbi che si susseguono sono molti. Chi ha ucciso Giulio? Chi lo ha torturato in questo modo? I criminali fanno sevizie del genere? E perché proprio a lui? Tra le varie ipotesi, sui siti egiziani il capo della polizia di Giza Khaled Shalaby a un certo punto diceva addirittura che Giulio sarebbe morto in un incidente d’auto.
La Farnesina intanto ha convocato d’urgenza l’ambasciatore egiziano a Roma usando toni duri, parlando di “sconcerto”. Poi è stato chiamato l’ambasciatore italiano Maurizio Massari al ministero degli Esteri al Cairo: condoglianze e promesse di collaborazione. L’indagine sarà congiunta: sono stati mandati anche sette esperti italiani di polizia, Carabinieri e Interpol.